Never Trust a Punk: Midnight Pizza with Flogging Molly
Una nuovo grande racconto del nostro avventuriero punk rock: tra treni, passaggi in macchina e buffet del backstage!
Adoro i Flogging Molly.
Fin dalla loro prima canzone che ho ascoltato, quella ‘Drunken Lullabies’ eseguita in apertura di concerto, una domenica pomeriggio al Transilvania (Milano).
In cartellone c’era un festival marchiato Side One Dummy e oltre a loro, ricordo che c’erano altre quattro o addirittura cinque band, ai Flogging Molly toccava il compito di aprire l’evento.
Erano già una live band spaventosa, trascinante, impeccabile e dannatamente credibile, ma non se ne accorse nessuno: forse (e sottolineo forse) eravamo sotto il palco in venti.
Da quel giorno, dopo quel concerto, sono diventato ciò che gli americani definirebbero un ‘die-hard-fan’ e non mi sono perso un solo show fatto in Italia dai ragazzi.
Il 4 settembre 2012, però, questa felice tradizione sembrava doversi interrompere: Flogging Molly in concerto a Bologna, all’Estragon, di spalla i Bouncing Souls (!).
Ero messo malissimo in quel periodo, non sotto tutti gli aspetti ma certamente in quello economico e soprattutto logistico (avevo iniziato un nuovo lavoro da poco e ero senza automobile, ferma in officina per un guasto).
Evidentemente il Dio del Rock’n’Roll (Ronnie James, ovviamente) deve aver pensato che, in fondo, io quel concerto me lo meritassi.
Ecco quindi il primo colpo di scena: il giorno prima della data fatidica mi scrive Fax, un amico di vecchia data con cui abbiamo condiviso spesso anche il palco a metà anni 2000: senza girarci troppo attorno “hey Koppo, senti ma tu andrai a vedere i Flogging Molly no? Ascolta, io ho il biglietto ma purtroppo oggi sto malissimo e in più sarei dovuto andare da solo, non ci vado. LO VUOI ?”
Quello era un segno, non potevo interpretarlo diversamente, dai.
Io dovevo andarci, a Bologna il giorno dopo.
Ricapitolando: il biglietto ce l’ho, comunque quello era il problema minore.
Come ci vado? Treno… ok, vediamo come muoversi.
Il 4 ero di turno la mattina, staccavo alle 13: quindi avrei dovuto volare a prendere i due autobus che mi avrebbero riportato al paesello, cambiarmi e correre in stazione a prendere i due treni che mi avrebbero portato a Bologna.
Essendo da solo, tutto doveva essere calcolato al millesimo.
Ma andò bene, a metà pomeriggio ero sul treno che da Milano Centrale mi avrebbe portato in stazione a Bologna.
Un imprevisto, in realtà, c’era: qualcuno nella foga si era dimenticato di comprare il biglietto.
Me ne ero accorto quando, poco dopo essermi seduto e aver tirato fuori le cuffie, davanti a me avevo visto un bambino con la madre che giocava con due biglietti del treno facendo finta di timbrarli…
Forse, anzi quasi sicuramente, avevo tra le varie pieghe del portafoglio ancora il foglietto consegnatomi al tempo dei tre giorni a Milano, firmato da non ricordavo più nemmeno chi, con un tot di tagliandini da usare come regolari biglietti da viaggio, in seconda classe.
E andò così: ne tirai fuori uno, lo compilai con la data del giorno e la destinazione, credendoci in realtà davvero poco, ma se non avesse funzionato sarebbero stati cazzi miei.
Il controllore lo obliterò senza nemmeno chiedersi come mai tra un viaggio e l’altro fossero intercorsi quasi dieci anni.
Era fatta.
Sceso dal treno a Bologna mi sentivo come Rocky a Philadelphia, dopo aver trovato un bus che portava alla fiera potevo tranquillizzarmi, ormai era questione di minuti.
Arrivato all’Estragon con largo anticipo, avevo notato che in giro c’era ancora pochissima gente “da concerto” e quindi mi ero messo a passeggiare con la musica in cuffia pensando al viaggio della speranza, anzi della “di-speranza” che avevo fatto.
Mi ero appena avvicinato a un cartellone della fiera dove erano riportati i vari punti di ristoro e di interesse dell’area, quando ho notato un uomo vestito con camicia bianca, bretelle, pantaloni impeccabili, Dr.Martens, gilet, basco e sguardo attonito (ma non era Greg dei Bouncing Souls… ahahah … scusate, pessima, se volete questa toglietela).
Mi guarda, lo guardo, tolgo le cuffie e lui, testuale e lapidario: “hey compare porca puttana!”
E’ Dennis Casey, il chitarrista dei Flogging Molly.
Ci eravamo incrociati, visti e rivisti ad ogni loro concerto, ma l’ultima volta a Rho, l’anno prima, fu una cosa molto frammentaria e purtroppo interrotta bruscamente dalla security dell’evento, che sull’incombere degli headliner fece sloggiare dall’area tutti coloro che non facevano parte delle altre band.
Avevamo appena iniziato a chiacchierare e ci teneva a farmi sapere che … aveva bisogno di una pizza, italian pizza!
Sì, nel backstage dell’Estragon c’era un catering gigantesco, mille cose da mangiare e da bere, ma lui voleva una pizza italiana fatta al momento, come si deve.
Mentre stavamo consultando la mappa, Dennis era stato individuato e riconosciuto da un gruppetto di ragazzi e si era creata un po’ di confusione con l’immancabile photo session e l’autografo sui biglietti, questo contrattempo ci aveva fatto “saltare” il piano di andare a recuperare una pizza allo stand più vicino in linea d’aria.
Ormai non avevamo più tempo, la band era stata convocata all’interno dell’Estragon.
Prima di accelerare il passo, Dennis mi aveva detto “ci vediamo dopo Amico” , ma dopo quando? “Dopo, dopo il concerto, ci vediamo dove ci siamo incontrati prima”.
Il concerto fu meraviglioso come mi aspettavo e come al solito, un grande groppo alla gola anche grazie ai Bouncing Souls, che non vedevo da qualche anno e durante l’esibizione mi avevano davvero “preso”.
Alla fine di tutto, con giretto al merch incluso e luci accese, la security ci aveva fatto uscire, ero già appagato per la stupenda serata e non avrei mai immaginato che… un’altra serata doveva ancora iniziare!
Dennis era venuto a farsi trovare proprio dove ci eravamo detti, c’erano anche Matt e Bob, tutti con un’esigenza particolare: LA PIZZA.
Dopo aver dribblato l’ennesimo gruppetto di ragazzi in cerca di foto e autografi, ci siamo diretti verso la pizzeria indicata in prossimità dell’Estragon… ma era chiusa.
Ce n’era un’altra più in là, che facciamo?
Andiamo!
Eravamo io, Dennis, Bob, poi c’era Gabriele, un simpaticissimo ragazzo con cui quella stessa sera saremmo diventati grandi amici, con tre ragazze che nessuno dei presenti conosceva né tantomeno aveva mai visto prima.
Dopo la grande abbuffata (è vero che non avevo né pranzato né cenato, ma io e Dennis ci sbranammo 2 pizze a testa), farcita di aneddoti e cazzate “da Tour” che resteranno segreti tra noi per sempre, eravamo ritornati al locale, si stava avvicinando il momento dei saluti ma, giustamente, Dennis chiese “non volete qualcosa da bere” ?
Il gruppetto al nostro seguito ci chiese di poter entrare con noi e dunque ci ritrovammo nel backstage, dove c’era una tavolata che oggettivamente ancora oggi batte tutte quelle che ho visto, parlando di quantità:
immaginatevi un tavolo lungo 8-10 metri e largo 2, con quelli che ormai erano i rimasugli di un catering.
Qualsiasi cosa, c’era qualsiasi cosa che possiate immaginare… tranne la pizza, cazzo!
Reparto alcolici: due mini-frigoriferi ancora stipati di Guinness in lattina, “finiamo di bere prima di andare” detto da Dennis a quell’ora, in quello stato psicofisico e con l’idea di dover essere al lavoro nella tarda mattinata incombente, era stato come prendersi un tram in faccia.
Per fortuna erano arrivati anche Nathen, Matt e Dave a dare manforte, oltre a Bryan dei Bouncing Souls che diceva di provarla allungata con la coca (cola), la Guinness …
E qua, se ne potrebbero scrivere decine di aneddoti, ma, si sa, ciò che avviene nel backstage rimane nel backstage, dunque vi chiedo solo una cosa: avete mai sentito ‘Linoleum’ dei Nofx suonata con il banjo, il violino e il basso, cantata con una spiccata pronuncia volutamente irlandese?
Dopo essere finalmente riusciti a salutare calorosamente la ciurma, una volta all’esterno dell’Estragon si doveva capire come rientrare a casa: al primo treno per Milano mancavano più di due ore e mezza, certo ci sarebbe stato anche un bel po’ da scarpinare fino alla stazione.
Mentre il gruppetto di ragazze si stava disperdendo all’interno della fiera, avevo richiamato la loro attenzione per chiedere dove fossero dirette e due di loro andavano in stazione, accompagnate in auto dall’altra.
Quando ci lasciò in stazione, ringraziandola, chiesi alla ragazza alla guida dove abitasse… vi giuro, quando disse che stava a Milano esultavo, esultavo peggio di Schillaci ai mondiali.
Le chiesi un passaggio, in fin dei conti quelle ragazze avevano passato la serata coi Flogging Molly anche grazie a me e a Dennis.
Stavamo tornando a Milano, fu più lunga del previsto perché lei (di cui non ricordo più manco il nome) chiese di fermarsi per 3 volte in autogrill, una volta per mangiare e bere (ancora?!?), altre due volte per la… “stanchezza”…
La terza volta tornò in auto con la faccia tipo quella del Joker di Heath Ledger e avevo deciso che forse sarebbe stato meglio se avessi guidato io.
Arrivati a Milano, destinazione stazione centrale, corsa, treno in partenza tra 8 minuti: PRESO.
Siccome il karma può volerti bene ma la sfiga ti può stroncare, ero caduto addormentato in piedi come un cavallo (sarebbe meglio dire un asino forse) proprio a due fermate dalla mia, Verdello.
Me la ricorderò per sempre: fischia il treno, mi sveglio di scatto, sornione guardo fuori dal finestrino e leggo ‘Verdello-Dalmine’… sono arrivato.
Già, ma nel frattempo il treno era ripartito: ho pensato cento volte a cosa sarebbe stato meglio fare, anche a distanza di anni, se tirare la famigerata leva di arresto come nei film e rischiarmi le conseguenze oppure se, come avevo fatto, scendere a Bergamo e ripartire col primo treno per Verdello.
Per la cronaca, arrivai al lavoro puntuale, il 5 settembre del 2012.
Da quel giorno ho un amico in più, Dennis Casey, con cui oltre a sentirci spesso e volentieri, abbiamo fatto innumerevoli altre abbuffate di pizza, tra cui una clamorosa alla festa di Radio Onda d’Urto (Brescia) con annesso concerto acustico, improvvisato nel backstage, con tutta la band e pure i membri dei Legendary Kid Combo.
Ma questa, è un’altra storia.
Koppo