Knocked Loose+Deafheaven+Headbussa @Live Club, Trezzo sull’Adda|22/02/24

Knocked Loose+Deafheaven+Headbussa @Live Club, Trezzo sull’Adda|22/02/24

Cosa c’entra la redazione di Irritate People al quasi completo sotto il palco del Live di Trezzo per Knocked Loose+Deafheaven? La cosa di certo non si spiega con l’appartenenza alla fascia d’età del pubblico target: la media dei partecipanti sta certamente sotto i trenta e quindi i tre in questione (Koppo, Frankie e Reeko, ai quali si aggiunge la guest star Renny I Like Allie/Nope che ovviamente non contribuisce minimamente a cambiare l’impatto anagrafico) stanno alla serata come il meme “how do you do, fellow kids?” di Steve Buscemi sta all’internet.

Ci sono ben altre spiegazioni: i vostri reporter/recensori preferiti sono anche dei patiti dell’hardcore piú metallaro (ma questo lo si poteva capire anche dalla presenza all’ultimo TripleB European Takeover, di cui abbiamo parlato qui).

Una serata partita con qualche preoccupazione: la capienza forse eccessiva del Live di Trezzo e il fatto che la serata in questione sia l’unica di tutto il tour a non essere finita sold out ha fatto sicuramente scendere la gocciolina di sudore a qualche promoter. Preoccupazioni diciamo parzialmente sparite (SPOILER, spariranno del tutto più avanti) già dall’esibizione della band di apertura, i francesi Headbussa, quando ai piedi del palco è già presente una discreta folla. Folla che non comprende il sottoscritto, giunto alla venue in tempo per vedere i tecnici del cambio palco in azione. A questo punto, in uno slancio alla Johnny Gomez, lascio il microfono a Koppo, la mia Stacy Cornbred (chi becca queste cit. diecimila punti scena), per un commento sull’opening act.

La serata alle 20 è giá partita e sul palco salgono gli Headbussa, combo parigino di cui faccio in tempo a sentire 4 pezzi: il cantante si erge a trascinatore della (poca ma molto partecipe) folla presente sottopalco, improvvisando passi di slam dance e breakdance per attirare l’attenzione.

A un certo punto il suo portamento mi ha fatto venire in mente il leggendario Filo, frontman degli Edward In Venice.

Sul piano musicale i parigini sanno il loro e lo mescolano a dovere con il crossover di stampo nineties.

Unica pecca se vogliamo proprio stare a cercarla: il resto della band forse era un po’ troppo statico rispetto al cantante/frontman che invece ‘cercava’ di continuo il pubblico.

Senza infamia e senza lode, tecnicamente sopra la media anche se a loro discapito mancano “le canzoni” che possano smuoverti.

Grazie Stacy!

Ed ora, in orario perfetto sulla tabella di marcia, i Deafheaven si impadroniscono del palco.

La band americana non è davvero il mio. Non sono un amante del black metal e nemmeno di quel tipo di emocore/ambient che caratterizza molti passaggi dei pezzi dei cinque, inoltre non mi piacciono i pezzi troppo lunghi. Nonostante sembri girare tutto a sfavore, il set mi piace molto.

Apprezzo tantissimo il lavoro sui suoni e questo misturone di generi completamente agli antipodi alla fine mi porta da qualche parte. Probabilmente uno degli spettacoli piú strani a cui abbia assistito, è anche la prima volta che mi capita di veder letteralmente sbavare un cantante per l’intensità dell’esibizione. In scaletta non si registrano pezzi provenienti dall’ultimo disco, che è marcatamente piú shoegaze dei precedenti, ma per quanto riguarda le mie preferenze in generale è anche meglio. Per me è una big win dal vivo, ma su disco credo che farò ancora molta molta fatica.

Purtroppo la band non ha avuto una particolare risposta da parte dei presenti, se non qualche sporadico scream di accompagnamento. Un vero peccato, ma probabilmente il pubblico non è esattamente il loro, come puntualizzato in loco dal buon Renny.

La gente è qui per i Knocked Loose, e sinceramente lo sono anch’io.

Il combo del Kentucky, reduce da una ultima esperienza italiana interrotta da una sfortunatissima circostanza, è una furia. Non riesco a trovare parole migliori per descrivere il loro set. Dal palco si sprigiona un’energia particolarissima e assolutamente devastante che investe i presenti come un’onda anomala. Le chitarre sono un muro di suono incredibile e lo scream disperato di Bryan Garris toglie ogni tipo di freno al pubblico, che si scatena in piú occasioni in violento moshing e larghissimi circle pit. Per dare un’idea, a fine concerto trovo in coda al guardaroba un ragazzo che si preme una borsa del ghiaccio in faccia e un altro con la testa fasciata. Tutti amici comunque, nessun litigio: è l’effetto Knocked Loose.

I cinque non lasciano un minuto di respiro per tutto il set, snocciolando un pezzo via l’altro. Un’oretta circa e tutti a casa senza ritorno sul palco. Cosí, lapidari come ci hanno lasciato intendere per tutto il tempo.

Torno a casa con addosso delle belle vibes: sono sempre piú contento di questo ritorno di fiamma dell’hardcore e anche di vedere che le nuove generazioni ci si stanno appassionando, anche se in Italia ci siamo accorti di tutto ciò con un certo ritardo rispetto al resto del mondo. Sempre meglio tardi che mai!

Reeko

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