NOFX Final Tour – Day 2: Bad Frog, Clowns, The Meffs, Talco, Frank Turner & The Sleeping Souls, Circle Jerks, NOFX – Carroponte, S.S. Giovanni (MI)
Il secondo giorno è l’ultimo giorno.
L’ ultimo giorno in cui vedrò in azione sul palco i NOFX, ciò che hanno rappresentato, quello che sono riusciti a trasmettere, TUTTO.
40 anni, 40 città, 40 canzoni.
40 concerti.
Mio quarantesimo concerto personale sotto/sopra (a volte sottosopra) il palco, per loro e con loro.
A quel punto, non può essere una coincidenza: 40.
La finiremo qua, a Milano, dove era iniziata quasi venticinque anni prima, nel 1995 (City Square, in apertura i Lagwagon, anzi i Lag Wagon).
Con questa premessa, abbandono la cornice rilassata e pantagruelica di una grigliata tra parenti e parto alla volta del Carroponte, again.
Durante quella mezz’ora scarsa di tragitto si sussegue di tutto nella mia testa: how it started, how it’s going … how it will ends.
NON E’ MAI STATA SOLO MUSICA.
Oggi la data è inequivocabilmente storica anche per un altro motivo: l’underground ha vinto.
The Idiots Are Taking Over.
Gli “idioti” che passavano i pomeriggi o le sere chiusi in garage raffazzonati alla meno peggio, in posti disabitati o chiusi al pubblico, pur di formare la propria band e scrivere le proprie canzoni, facendo spallucce (prima) e grossi diti medi (dopo) alla società del conformismo e del binario casa-lavoro-famiglia … oggi ce la stanno facendo e idealmente sono tutti sopra il palco di uno dei più blasonati festival europei degli ultimi anni, ad affiancare 4 ragazzi che sopra quel palco ci sono arrivati con le proprie forze e capacità, ma soprattutto rimanendo sè stessi.
Se la classe operaia di Volontè andava in paradiso, qui la forza di volontà di paese sta per andare sull’Olimpo.
La band che aprirà l’ultimo show italiano dei Nofx si chiama BAD FROG.
From Codogno with love.
La provincia al potere.
Quante volte, negli anni (quante volte? Tante, ve lo dico io), in Italia ci è toccato assistere a concerti di local bands in apertura a band blasonate a livello mondiale, tenuti in maniera tronfia, tecnicamente valida ma con atteggiamento presuntuoso, a volte pure senza averci le canzoni.
Il più delle volte queste band si ritrovavano in certi contesti per due motivi: o perchè qualcuno di loro era coinvolto nell’organizzazione dell’evento stesso, oppure, peggio ancora, perchè qualche agenzia (o talvolta qualche band direttamente) ricorreva al pay-to-play (che, ribadiamolo, non è propriamente un “do ut des”, ecco).
Anche per l’essere totalmente DIY (la sigla più bella da quando l’uomo ha inventato le sigle) e fuori da circuiti e/o logiche di mercato favorevoli, quello dei Bad Frog non può essere considerato “soltanto” un concerto, ma un atto di forza dell’underground locale che va a riprendersi tutto quello che gli appartiene.
A testimonianza di tutto questo, l’organizzazione di un “Bad Frog Party” architettato e organizzato da membri di varie scene locali, a poche centinaia di metri dal palco dove sarebbero saliti poche ore dopo Paolino, Ugge, Premo e Berte.
Un successo, manco a dirlo.
Così come sarà un successo il concerto dei Frogs (non l’avevo mai scritto, ma l’avevo sempre sognato).
A lato palco, infatti, parte della crew di Destiny Tourbooking si affaccia a gustarsi il live e si interfaccia, divertita e convinta: quasi a dirsi che questi ragazzi qua non solo non sono l’ennesima copia-carbone della loro top band di turno, questi suonano e si divertono, zero timori reverenziali e leccate di culo, sono puri e genuini.
Sottopalco c’è già il pubblico delle grandi occasioni, nonostante siano da poco passate le 16.00 e sia una delle prime domeniche di sole; da sottolineare Formy direttore artistico per un’orchestra che gira a meraviglia tra striscioni, fumogeni, petardi, circle pit, vogate, crowdsurfing, tutto il meglio che si possa immaginare, il tutto mentre tutti ma veramente TUTTI i presenti le stanno cantando TUTTE.
Finito il concerto, è già tempo di aspettarsi l’esibizione dei Clowns, novità assoluta di giornata e punto focale della curiosità nel vederli all’opera.
Prima volta in Italia, australiani, accompagnati da un discreto hype e molte referenze positive.
Faranno LO SHOW.
Al di là dell’abbigliamento e dell’attitudine da glam rock band degli anni ’80, il frontman Stevie è catalizzante, invasato, scende un paio di volte nel pit, una volta si lancia in crowdsurfing e l’altra si finge morto nel pit, facendosi sollevare dalla folla fino a essere riposizionato sul palco dalla security.
Hanno una bella pacca, ma certamente se avessero un cantante con un altro tipo di “aplomb”, molto probabilmente perderebbero più di qualche punto dal vivo.
Ci dicono che dovrebbero tornare prossimamente, mi piacerebbe rivederli e risentirli in un club.
Dopo un rapido cambio di palco, ecco un’altra novità per il pubblico italiano: The Meffs.
Inglesi, come Frank Turner (che infatti a volte sembra far loro da “chioccia”), sono un duo dell’Essex: Lily alla chitarra e voce, Lewis alla batteria e seconde voci.
Durante il loro set, devo ammettere che il progetto mi piace e il riffing ha delle basi più noise/post-hardcore che punk in senso stretto; riescono a essere interessanti, soprattutto quando rileggono la hit dei Prodigy “Firestarter”, accendendo letteralmente l’entusiasmo e il consenso dei presenti.
A parer mio, forse, con un bassista guadagnerebbero nell’impatto sonoro.
E’ il momento dei Talco, su di loro non si può dire nulla: nel senso letterale del termine.
Nei giorni successivi al concerto ho espresso un parere personale (quindi un problema tutto mio, sostanzialmente) sull’efficacia di un loro live in un contesto simile, come già successo due anni fa sempre al Carro.
A livello social, sono stato accusato di:
-essere un italiano rosicone e invidioso degli italiani che hanno successo/raccolgono consensi
-mancare di rispetto ai musicisti
-fondamentalmente di lasciar stare se non ci capisco un cazzo
Dunque, su di loro non dirò nulla.
Mi soffermerò soltanto su una piccola parte (5/6 elementi) della loro fanbase nelle prime file che, durante il set dei Circle Jerks, continuava a lamentare il fatto che lo storico combo californiano fosse troppo veloce, troppo lento, lui canta male, non saluta, non ringrazia, non dà la mano, parla troppo, parla male, canzoni tutte uguali, non si capisce un cazzo e amenità simili, ripetute credo 50 volte in un’ora.
Alcuni di loro sono poi gli stessi che qualche ora dopo, appena Fat Mike era salito sul palco, avevano iniziato in tempo zero a rivolgergli frasi di benvenuto come “suona figlio di puttana, ti ho dato 100 euro” e l’evergreen nazionale “ciccione di merda”.
Ignorance is bliss, cantava Joey Ramone …
Chiusa questa becera parentesi, dopo i Talco (che quindi nel mio caso non servono a darmi l’allegria) è il momento di Frank Turner, altra presenza almeno sulla carta sofferta e bistrattata dal popolo.
Vi dirò che Franco (si è presentato in italiano parlandolo sicuramente meglio di qualcuno di noi, dai, è stato simpatico), ha fatto uno dei migliori show non da headliner che mi sia capitato di vedere in Italia.
I pezzi più veloci, una scaletta incalzante, i soliti musicisti d’alta scuola a cui ci ha abituato e lui, oggettivamente bello come il sole, impeccabile pure da sudato, ma come cazzo fa ?
A lato palco, Fatty e Smelly se lo sono goduto apertamente.
Anche lui ha detto che ci si rivedrà presto, se non sbaglio a ottobre (ma non a Milano).
La seconda performance dei Circle Jerks in due giorni mi fa molto credere di trovarmi a L.A. (magari), ero curioso di sentire se avessero tenuto la stessa scaletta e lo hanno fatto, ma in due/tre occasioni hanno cambiato ordine dei pezzi.
Più concentrato sul drumming mostruoso di Joey oggi, ieri lo ero di più sui pezzi in sè.
Piccolo siparietto su un attacco leggermente in ritardo di Greg e pezzo che si ferma (unica piccola scivolata in due set splendidi, ampiamente perdonato), con Keith Morris che gli punta il dito contro, la colpa è solo di Greg Hetson!
Eccoci qua.
Il momento che non so gli altri ma io NON aspettavo di certo.
Vado in crisi non appena mi scende davanti agli occhi il mini-banner giallo della band, epoca ‘Wolves’.
E’ la fine, è l’inizio della fine.
Giusto altri miei 150 brainstorming e ci siamo.
Mi ritrovo Tommy qualche fila dietro che mi chiede con cosa attaccheranno, ci pensiamo un pò e gli propongo “intro strumentale, Stickin’ In My Eye, poi ci starebbe anche It’s My Job To Keep Punk-Rock Elite e magari Kids Of The K-Hole”.
Salgono, attaccano e fanno intro strumentale, Stickin’In My Eye, It’s My Job To Keep Punk-Rock Elite e Kids Of The K-Hole.
Ok.
Stasera i dischi prescelti almeno sulla carta sono “White Trash, Two Heebs And A Bean”, “So Long And Thanks For All The Shoes” e “The Decline”.
Ne suoneranno 8 da “So Long” e 5 da “White Trash”, ci raccontano che da una costola di “Quart In Session” è nata “Franco Un-American”, accennano “Murder The Government” e appena la gente esulta Mike si affretta a dire che l’hanno già fatta ieri.
Rispetto a ieri, i ragazzi sono più in palla e si sono scrollati di dosso jet-lag e un pò di ruggine, sembrano più freschi (anche se la sera prima, nell’aftershow, ho visto Melvin fare un dj set molestissimo almeno fino alle 2:00 senza mollare un colpo e scolandosi tequila liscia).
Durante “I Believe In Goddess” un ragazzo si fa male seriamente in crowdsurfing e la band decide di interrompere il set, sembra una cosa molto seria; Fat Mike prende tempo al microfono, andando a parare come (quasi) sempre sul senso di piacere che può dare il farsi sodomizzare dalla propria compagna, meglio ancora se lei stesse indossando un dildo con coda di cavallo.
Il fuori programma e la conseguente sforata costerà almeno tre pezzi presenti inizialmente in scaletta (“You’re Bleeding”, “I Wanna Be Your Baby” e “Kill All The White Man”).
Certo è che al posto della cover di “Radio” dei Rancid, avrei preferito sentirne una loro.
Il tempo scorre inesorabile, il momento deve arrivare e arriva, sarà il finale.
Il gran finale.
Preceduto da una “I’m So Sorry Tony” che ci devasta emotivamente.
L’ esecuzione, il tiro, il mestiere e l’autoreferenzialità con cui viene eseguita “The Decline” è la risposta definitiva a qualsiasi critica e qualunque detrattore di questa band: noi adesso vi facciamo questa e vi salutiamo.
Serve altro ? Fateci sapere.
Tutto il resto è aria fritta.
Io che l’avevo già sentita dal vivo (2 volte) non sono nemmeno riuscito a cantarla: muto, come la terra Manzoniana stava al nunzio.
Dal 5 maggio al 12 maggio.
Da Sant’Elena a Sesto San Giovanni.
Essi furono.
La più importante punk-band degli ultimi 30 anni.
Sipario.
End Of An Era.
Koppo
TRACKLIST:
1. Intro
2. Stickin’ In My Eye
3. It’s My Job To Keep Punk-Rock Elite
4. Kids Of The K-Hole
5. Quart In Session
6. All Outta Angst
7. 72 Hookers
8. I Believe In Goddess
9. Eat The Meek
10. 180 Degrees
11. I Love You More Than I Hate Me
12. Mattersville
13. We Called It America
14. Radio
15. Please Play This Song On The Radio
16. Buggley Eyes
17. The Separation Of Church And Skate
18. Soul Doubt
19. Johnny Appleseed
20. Falling In Love
21. Champs Elysées
22. I’m So Sorry Tony
23. The Decline