Intervista ai Mest

Intervista ai Mest

Abbiamo incontrato i Mest proprio all’inizio del loro ultimo tour europeo, quando Renny di Persimmon Collective ci ha riservato uno spazio al Solidarrock subito dopo il loro soundcheck. Rimbalzando tra passato, presente e futuro ecco quello che è uscito dalla nostra chiacchierata con Tony e Gary.

  1. Ciao Ragazzi! Siamo felicissimi di essere qui con voi oggi! Come state e come sta andando il tour?

[Tony] Il tour sta andando benissimo, super divertente! Girare l’Europa è sempre una sorpresa perché spesso vieni scaricato in posti dove puoi pensare “ok, che cazzo è questo?” e invece poi finisci a suonare in festival divertenti come questo o lo SBAM Fest. Passi da piccoli e strani show a concerti in club più grandi e festival: alla nostra prima tappa abbiamo suonato in una sorta di piccolo pub/birreria ed è stato fantastico, oppure anche ieri sera lo spettacolo si è tenuto in un club piccolo [il PMK di Innsbruck] ed è stato meraviglioso: letteralmente tutta la gente ha saltato e ballato tutta la notte! Ho sempre detto che in una performance il contributo è 50-50 tra band e pubblico, ma ieri sera è stato senza dubbio 100% merito del pubblico. Do sempre tutto sul palco saltando da una parte all’altra come una fottuta scimmia, ma quando mi rendo conto del ritorno del pubblico penso “Ok, sta funzionando davvero!” e a quel punto inizi veramente a capire quanto ti stai divertendo a fare quello che fai invece di suonare semplicemente perché lo devi fare. Teniamo ancora botta come una qualsiasi band di ventenni – ed anzi, li sfiderei a tenerci testa – ma onestamente adesso mi trovo spesso a fare i conti col mal di schiena…le mani di Gary stanno praticamente cadendo a pezzi, ma quando quella connessione avviene è sempre tipo “si, è questo che significa tutto questo!” ed è fantastico.

  1. Avete qualche preferenza tra club o festival?

[Tony] Ripeto, dipende sempre dal pubblico. Voglio dire, è sempre figo suonare davanti a mille o tremila persone, però è un po’ strano quando guardi giù dal palco e vedi tutti immobili di fronte al palco che assistono passivamente a quello che sta succedendo. Lo potrei anche capire: anche io adesso che sono più vecchio preferisco stare nelle retrovie ad analizzare come suona tutto e cercare di godermi tutto quanto, però quando sto sopra il palco sceglierei alle volte uno show selvaggio con 50 persone piuttosto che una situazione più grande ma molto meno coinvolta.

  1. È passato un po’ di tempo dalla vostra ultima volta in Italia, vi piace venire qui?

[Tony] Come probabilmente saprai, sono italiano tipo quasi al 50%, quindi sono particolarmente contento di passare da queste parti. Abbiamo fatto un paio di tour in passato, coi Good Charlotte e altre band, ma quei tour sono stati più che altro “venue-to-bus”, quindi passavamo semplicemente dal tour bus alla location senza poter fare altro. Le ultime volte che siamo venuti invece abbiamo potuto esplorare un po’ di più e scoprire l’Italia per lo stupendo posto che è. Mi ricordo che la prima volta che sono venuto qui è stato subito dopo che ero stato anche in Germania per la prima volta (ho anche origini tedesche in parte) e li eravamo finiti in un posto orrendo, una specie di ghetto. È stata un po’ una sorpresa, perché la mia percezione della Germania era quella di uno degli stati più ricchi d’Europa! Così quando poi siamo arrivati in Italia e abbiamo visto quanto era bello il posto dove eravamo arrivati ho chiamato i miei e gli ho detto “qui è bellissimo…la Germania non mi piace invece!”. Poi ovviamente ho girato altri posti in Germania ed anche li ci ho trovato delle cose fantastiche…come in un po’ tutti i posti del mondo dopotutto.

  1. Vi piace ancora la vita da tour in generale?

[Gary] Si, certo! Siamo tutti incredibilmente uniti, quindi è un continuo ridere e scherzare Suoniamo tutte le sere…davvero ridiamo in continuazione! Mi diverto quasi di più adesso  di quando ero più giovane in realtà! Abbiamo tutti molte cose in comune avendo tutti anche una famiglia e dei figli…

[Tony] Si, a dire il vero una delle “regole” fondamentali che mi sono dato quando ho dato il via a questo nuovo capitolo dei Mest è stata proprio questa: se devo passare tanto tempo in giro lo voglio fare divertendomi. Non puoi avere un piantagrane a bordo, rovinerebbe tutto quanto! Dato che ormai siamo uomini più adulti magari non penseresti che le conversazioni possano sembrare tipo…

[Gary] …tipo come se avessimo 13 anni…

[Tony] Esatto! Piene zeppe di cose stupide! Ora abbiamo anche tutti dei figli: Devin [chitarra] ne ha tre, Gary uno, io cinque…Casey [basso] NON DOVREBBE averne…

LOL

[Tony] hahaha si, Casey è un ragazzino…aveva tipo tre anni quando ho firmato il mio primo contratto! Ad ogni modo volevo dire che abbiamo tutti iniziato questo capitolo delle nostre vite dove in un certo senso questo è il modo di esprimersi dei nostri figli, quindi anche noi lo pratichiamo continuamente…questa situazione ci aiuta a tenere vivo questo modo di essere che ormai fa parte di noi!

  1. Parliamo un po’ del vostro nuovo disco, Youth, e dell’intero progetto che avete, il quale prevede la pubblicazione di altri due dischi quest’anno. Si tratta di una sorta di “concept work”?

[Tony] Si, qualcosa di simile ma c’è ben altro. Il modo in cui il mondo della musica gira negli States al momento è molto diverso da com’era nei primi anni 2000 quando abbiamo iniziato: all’ epoca si scriveva un album per un anno, lo si registrava e stampava, si andava in tour per un anno e mezzo e poi si scriveva un nuovo album. Si estraevano giusto un paio di singoli da ogni album, ma oggi invece il mercato vuole cose nuove continuamente. Devi pubblicare canzoni nuove più frequentemente se vuoi mantenere alta l’attenzione del pubblico. A dirla tutta noi preferiremmo continuare a pubblicare come si faceva allora, ma ci rendiamo conto che non ci farebbe bene perché se oggi pubblichi un disco la gente si chiede subito “ok, quando arriva il prossimo?”. Quindi se hai una manciata di canzoni pronte, ha più senso pubblicare qualche singolo qua e la, un po’ di musica per volta e così via, avere sempre pronto qualcosa da cacciare fuori per farti ascoltare continuamente. È tutto nei numeri di quei cazzo di social network: per esempio siamo passati da 97000 ascolti mensili su Spotify a circa 150000 solo pubblicando due canzoni nelle scorse sei settimane e devi continuare a fare così, deve succedere questo. Dall’altro lato si, si tratta di una specie di concept effettivamente. Si chiama Youth per una ragione: molte canzoni hanno questo mood più nostalgico, ma l’intero disco vuole essere inteso come una celebrazione del passato che guarda con fiducia al presente e al futuro. Ci stiamo sempre godendo la vita, facciamo sempre un mucchio di cose, suoniamo sempre tanto e abbiamo anche famiglie e figli e ci godiamo pure quelli! È un po’ questo il concept dietro alla trilogia.

  1. A proposito di produzione, participate attivamente a questa fase del lavoro o preferite affidare tutto a qualche professionista fidato?

[Tony] Decisamente non sono un professionista. So registrare autonomamente delle demo, ma non ho una conoscenza molto approfondita di questo campo. Ho iniziato a scrivere questo disco con Taylor [Carroll, ndr] dei Lit, che invece conosce bene il lavoro in studio. Abbiamo parlato di iniziare a scrivere roba insieme un sacco di volte, poi finalmente un giorno siamo riusciti a trovarci dopo mesi di programmazioni saltate. Ci siamo trovati a lavorare dal mattino presto a qualche pezzo e a fine serata avevamo già una canzone  fighissima registrata. Scrivere direttamente è stato molto più semplice che stare a spiegare quello che avevo in mente di fare, ma in sostanza volevo che venisse un vero disco dei Mest. Doveva essere proprio un lavoro dei Mest, ben incastrato nelle nostre radici ma anche una versione più nuova e fresca. Dal punto di vista dei testi, erano passati abbastanza anni ed avevo immagazzinato tanta roba nella mia testa che era arrivato il momento di vuotare il sacco. Come produzione volevamo mantenere quel suono pulito e old school che avevamo definito a inizio carriera lavorando con Feldman, che al tempo era piuttosto innovativo mentre oggi è quello che fanno tutte le band. Volevamo riappropriarci del nostro suono in qualche modo.

  1. Sono abbastanza impressionato da come il cambio radicale di lineup non abbia stravolto il vostro sound, come per esempio è successo recentemente ai Mad Caddies. È una cosa abbastanza fisiologica in genere, ma a voi non è successo apparentemente.

[Tony] Ok, mmh…sto per dire delle cose molto arroganti hahaha. In tutta onestà sono sempre io che scrivo la maggior parte delle canzoni dei Mest, quindi di conseguenza la nostra formula non è cambiata. Come ho detto, mi sono concentrato sul rendere questo un vero disco dei Mest, quindi come abbiamo scritto canzoni come Rooftops o Jaded in passato, nelle quali parlavamo di vecchi amici e bei tempi andati, insomma delle specie di inni per quel tempo, ora volevo scrivere degli inni per lo stadio di vita in cui mi trovo ora, per la gente che ancora ci sta ascoltando. Gente che ora ha figli e continua a godersi la vita per quanto cambiata, che guarda al passato come un periodo fantastico e anche al presente nello stesso modo. Non volevo perdere neanche il contatto con gli ascoltatori adolescenti di oggi, quindi ho lasciato un po’ di margine di interpretazione per permettergli di prendere il tutto un po’ come vogliono.

  1. Sempre relativamente all’album, ci sono dei retroscena che potete raccontarci?

[Tony] C’è stato un momento di panico per Gary quando ci siamo trovati per registrare le batterie e Taylor [Carroll] era con noi in studio. Come ho detto, lui è un songwriter ed anche un batterista come lo sono anche io, quindi veniamo un po’ dalla stessa scuola. C’è stato questo momento in cui Gary era all’opera e io gli suggerivo di suonare alcune cose in un certo modo, ma allo stesso tempo aveva Taylor in cuffia che da un’altra stanza gli suggeriva di fare completamente altre cose, quindi si è trovato in mezzo al fuoco incrociato senza sapere come uscirne.

[Gary] Si, ogni volta che suonavo qualcosa sentivo Taylor urlarmi “NO! Non volevo che la suonassi così…!” ed io ero tipo “Taylor…è stato Tony a dirmi di suonare queste parti così” quindi ad un certo punto ho avuto bisogno di avere solo un interlocutore. È stata la prima volta in cui ho registrato un album e tutti in studio erano dei batteristi. A dispetto di questo episodio e di quello che si può pensare, la cosa è stata estremamente costruttiva alla fine. Abbiamo fatto delle demo, poi anche Taylor mi ha mandato le sue idee, alla fine abbiamo messo tutto insieme e siamo riusciti a sincronizzarci per bene e a fare un ottimo lavoro.

[Tony] Un altro episodio memorabile è stato quando abbiamo iniziato a mixare. Abbiamo procrastinato un po’, dovevo continuare a tornare a LA per continuare il lavoro quindi ad un certo punto ho detto “Ok, verrò un’ultima volta e dobbiamo finire tutto”. Abbiamo iniziato a lavorare verso le 11 di mattina e non abbiamo lasciato lo studio fino a mezzogiorno del giorno successivo. Abbiamo mixato praticamente per 24 ore senza sosta…ci stavamo veramente fottendo la testa…è stato da pazzi! Dovevamo assolutamente evitare di distrarci, capisci? Non avevo mai mixato per 24 ore filate…è stato pazzesco.

[Gary] Già, io non ero presente e Dallas [Pierce, Stage Manager ndr] continuava a mandarmi aggiornamenti e foto e io ero tipo “ok…non li invidio affatto!”.

[Tony] Abbiamo fatto un collage di foto per l’artwork del disco e ce n’è una di Taylor seduto a mixare con me alle spalle sdraiato per terra come se fossi morto…e quella foto è stata scattata tipo sei ore prima che finissimo!

  1. Cosa potete dirci a proposito dei prossimi due dischi della trilogia per gasare un po’ i nostri lettori?

[Tony] Non c’è nulla di segreto: sostanzialmente si tratta della continuazione naturale del primo, così che messi insieme possano sembrare un unico grande disco. Ribadisco che percepirete davvero ognuno dei tre come un disco dei Mest super true: ci saranno le canzoni veloci, quelle più mid-tempo, quelle acustiche o più pop stile Mother’s Prayer…non ci saranno pezzi ska stavolta, ma diciamo che abbiamo lavorato su belle buone idee anche per esempio durante quella famosa sessione di mixaggio da 24 ore. Avevo iniziato a strimpellare qualcosa alla chitarra e avevo deciso di scrivere un pezzo dopo aver finito il lavoro che dovevamo fare, poi sono passate le famose 24 ore di cui abbiamo parlato e ho detto “CAZZO NO…”. Comunque ci sono venute delle idee carine…canzoni più rock/reggae direi stile Clash alla Burning Bridges. Ci piacerebbe aggiungere qualcosa di questo tipo sui nostri prossimi lavori.

  1. Nel vostro press kit si c’è una dichiarazione di Tony che dice: “passare dal girare il mondo in tour coi tuoi amici, possedere una casa e avere una stabilità finanziaria all’essere sostanzialmente solo e dormire per due anni sul divano di qualcuno mette davvero la vita e il music business sotto una certa luce. Un giorno si ammazzano tutti per lavorare con te ed il giorno dopo nessuno risponde nemmeno più alle tue chiamate…” Volete raccontarci qualcosa in merito?

[Tony] Se vogliamo definire il music business in una frase, quella è decisamente azzeccata. È ancora così anche oggi: pur essendo una band che è in giro da trent’anni, se non stai dentro una cerchia ristretta del cazzo, che sia un’etichetta, una booking agency o altro è difficile ottenere certi risultati perché chi ci sta dentro si aiuta solo reciprocamente e tu resti fuori. È difficile progredire finché non fai parte di un gruppetto e per noi è quasi sempre stato così. Quando abbiamo firmato per la Maverick, che non era la Drive-Thru, la Epitaph o la Fat, venivamo sempre visti come la creazione di una major, ma quella non era una major. La Maverick era una sussidiaria che ha fatto soldi da major perché gli è capitato di firmare band come i Deftones o i Candlebox. È stato difficile ottenere rispetto soprattutto agli inizi, perché non venivamo percepiti come una vera band, però alla fine credo che se hai la tenacia di continuare a perseguire il tuo obiettivo senza compromessi, alla fine le cose funzionano. Quello e riuscire a circondarsi di persone amiche sono davvero ciò che ti salva dall’affondare.

Sono passato dal fare tutti quei dischi con la Maverick, girare il mondo e tutto il resto poi sono tornato ad LA, la band si è sciolta e sono finito a dormire sul divano di un amico per due fottuti anni…è stato orribile. Adesso abbiamo un disco in uscita ed altri due prossimi alla pubblicazione, ma anche arrivare la strada per arrivare a questo punto diciamo negli ultimi cinque anni è stata difficile. Abbiamo fatto tipo quattro tour degli States prima dell’uscita di Masquerade e proprio quando il disco stava per uscire, all’inizio del 2020, accendiamo la TV e il mondo stava andando a farsi fottere. La cosa ovviamente ci ha completamente fregati, perché noi siamo il tipo di band che ha davvero bisogno di andare in giro per supportare i propri lavori. Siamo arrivati al punto in cui, nel 2022, ho realizzato che dovevo accettare che il 2020 aveva rovinato il nostro disco…non c’era nulla da fare e non avevo più le forze per continuare a spingerlo, quindi sono ripartito con la scrittura di altro materiale. Avere poi questi ragazzi intorno è stato incredibile: ricordo che durante gli ultimi anni della prima fase dei Mest giravamo con un tour bus e ci lamentavamo. Capisci? Stavamo su un cazzo di tour bus a lamentarci! Non ci divertivamo più, e le cose sono andate come sappiamo. Poi sono tornato in tour con un van dopo anni ed è stato uno dei più divertenti di sempre. Le cose hanno iniziato ad andare pian piano molto meglio perché avevamo ritrovato il nostro ambiente, tutto ciò per dire che è davvero cruciale trovare e mantenere un proprio ambiente ideale intorno a te perché le cose riescano al meglio. Abbiamo continuato a lavorare duro e alla fine le cose sono tornate a funzionare come volevamo e dopo tutta questa fatica ce le godiamo anche di più!

  1. State per celebrare il vostro trentesimo anniversario di attività, potete dirci una cosa buona e una cattiva del raggiungere questo traguardo?

[Tony] Beh, per farla breve, la “vecchiaia” inizia un po’ quando arrivi ai trenta hahaha

Ad essere sinceri, non mi sono reso conto che sono passati veramente trent’anni finché la cosa non mi è stata menzionata in un’intervista poco tempo fa e a quel punto mi si è paralizzato il cervello. Ho iniziato a fare mille calcoli in testa ed ho realizzato che erano davvero passati tutti quegli anni. Penso che una cosa positiva sia il fatto di stare continuando a fare tutto ciò: avere la fortuna di fare ancora questo mestiere e potersi guardare indietro vedendo tutte le cose buone e cattive che ti sono successe è una buona cosa. Voglio dire, il peggio del peggio è sempre meglio di non aver mai avuto la possibilità di fare nulla, quindi sono estremamente grato per tutto. Anche avere la possibilità di andare in tour ed avere le spalle coperte a casa dalle nostre famiglie è davvero una cosa stupenda. Avere a che fare con un marito musicista che sta sempre per strada è tutto tranne che una cosa semplice: noi tutti riceviamo un enorme supporto da parte delle nostre famiglie e siamo estremamente grati per tutto questo.

[Gary] Per quanto mi riguarda, non riuscirei mai e poi mai a fare tutto questo senza il supporto di mia moglie e di mio figlio a casa. Lei si occupa davvero di una marea di cose a casa mentre io sono qui con questi stupidi a scoreggiare su un van…

  1. Mi piace sempre concludere le mie interviste lasciando campo libero ai miei ospiti, quindi se volete dissare qualcuno, dichiararvi al vostro amore segreto o liberarvi finalmente di qualcosa che tenete dentro da troppo tempo è il vostro momento: VIA!

[Tony] Coglierei l’occasione per dire una cosa a tutti i lettori: se ascoltate qualcosa che vi piace per favore condividetela, taggate i vostri amici e fate girare. Può sembrare una cosa veramente stupida, ma ripostare roba e taggare gente è un enorme aiuto per band come la nostra. Ci siamo resi conto dai commenti YouTube sotto il video di Masquerade che molta gente si è accorta che avevamo fatto un disco nel 2020 solo quest’anno. C’è stato pochissimo engagement, e in più non avevamo un’etichetta che poteva spingerci. La roba non è girata, ed è invece una cosa che con i mezzi di oggi può avvenire automaticamente con una semplice ricondivisione. Grazie a tutti in anticipo se deciderete di spammare un po’ le nostre cose!

Domande curate, realizzate e sbobinate dal fantastico Reeko, Grazie!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *