Stinking polecats + The Prozacs + The Bonstones + 4 A While @ La casa di Alex (Milano)

Stinking polecats + The Prozacs + The Bonstones + 4 A While @ La casa di Alex (Milano)

Per il primo appuntamento della nuova stagione dei Punk Rock Saturdays, forse perchè un po’ intimorito dagli orari molto milanesi di inizio evento, forse perchè tanto non stavo facendo un cazzo, ecco che arrivo alla Casa di Alex presto, anzi, troppo presto.

Alle 21:00 il locale è praticamente vuoto: delle creature folkloristiche che esistono e prendono forma solo in questi eventi per poi dissolversi fugacemente nel buio non c’è ancora nemmeno l’ombra.
Mi dedico quindi all’esplorazione dell’ambiente circostante e, tra una panchina dismessa ed i resti di un cartello stradale (o era un palo da lap dance??) in meno di 100 metri mi trovo di fronte ad un bar.
Ovviamente, essendo sabato sera, i due neuroni che occupano abusivamente il mio cervello decidono che è un’ottima idea prendere una prima birrettina per scaldare i motori prima della serata.

Detto fatto, poco dopo ripasso davanti alla location dell’evento e comincio a scorgere le prime facce amiche.
Il primo capannello di serata, ancora sul marciapiede davanti al locale, dopo i convenevoli del caso perchè <<ok che siamo bestie, ma siamo anche essere umani>>, è impregnato di discussioni riguardo a quello che sarà il Sick Bus del week end successivo.
Più questo ritrovo abusivo si espande, più ci si rende conto che il pensiero fisso che va per la maggiore è tutto nei confronti dell’imminente evento a Bellaria-Igea Marina.
Ma tant’è che ci troviamo tutti qua, e questa situazione è perfetta come pretesto per fare un po’ di casino non richiesto.

Ampiamente passate le 21:30, dopo esserci resi conto che gli orari indicati dalle locandine del live erano puramente indicativi, si decide a poco a poco di entrare.
Il locale è come lo abbiamo lasciato la scorsa stagione: una sala da oratorio con palchetto da recita da scuole elementari, due tendoni laterali buttati a coprire non si sa meglio chi o che cosa ed un bancone da barettino proprio davanti all’ingresso, ottimo per creare immediatamente code e disorientamento a coloro che muovono i primi passi nella saletta.

Ci piace? No. Ci torneremo lo stesso? Assolutamente sì.

Mentre salgono sul palco i “4 a While“, per rimediare a quella secchezza di gola che sento e saputo che il pos è ancora momentaneamente condiviso con la biglietteria appena fuori dalla porta d’ingresso, decido di dedicarmi ad alimentare la confusione generale ri-uscendo e ri-entrando un paio di volte, in quanto prima il pagamento mi viene approvato, poi no, poi sì, poi non lo so, ma io la birra me la trovo in mano e va bene lo stesso.
I padroni di casa della Monza Bene (che qualcuno magari si ricorderà di loro per la presenza al Vetra Beer&Rock), hanno qualche pezzo molesto, qualche richiamo per quanto riguarda lo strumentale alla Bad religion e Rise Against, e si impegnano a scaldare il pubblico che più passano i minuti e più si infoltisce.
Qualche spintarella sarebbe anche potuta partire, ma forse è ancora troppo presto ed i presenti si limitano ad avvicinarsi al palco senza (sfortunatamente) diventare facinorosi.
Quando tocca ai Bonestones c’è una piccola retromarcia. Probabilmente perchè sconosciuti ai molti, probabilmente perchè all’apparenza sembrano quattro ometti di una band pronta ad allietare gli avventori con canti in dialetto lombardo, ecco che al loro momento di gloria il sottopalco è dimezzato.
Loro comunque fanno di tutto per portarla a casa, e tutto sommato “dai, alla fine rendono”.
Mentre condivido questo mio pensiero al Professore, ecco che, di risposta, vengo istruito: “a mio avviso una band che viene dall’estero deve portare qualcosa che i locals non hanno, e non è questa la situazione”.

Effettivamente mancano di ritmo ed energia: tutti i pezzi sono intervallati da pause di 15/20 secondi e non servono a nulla gli “ONE-TWO-THREE-FOUR” urlati dalla folla per cercare di trasmettere la necessità che il tutto scorra più fluidamente.

Resto sempre dell’idea che se facessimo finta di non sapere nulla sulla loro provenienza, e che se ci ricordassimo che sono la seconda band della serata e che ce ne saranno altre due dopo di loro, penso che come prestazione ci possa stare.
E poi diciamocela tutta, suonare con il Sindaco di Oriano praticamente appoggiato all’ampli, che invade i tuoi spazi personali e che ti fissa ininterrottamente a braccia conserte per 30/40 minuti non deve essere affatto facile.
Mezzo punto in più per lo spirito di sopravvivenza.

Quando tocca ai Prozacs, dopo le prime due schitarrate ci si rende conto subito che questi sono di un’altra pasta e che fino a poco prima si stava giocando.
La sala si re-infoltisce immediatamente, le canzoni proseguono in rapida successione ed il pubblico è decisamente più partecipe.
Questi Prozacs arrivati dall’America e già reduci da un live di 24 ore prima all’Arci Dallò tengono botta e fanno ballare i presenti.
La percezione condivisa è che questa band ci tenga veramente molto a fare bene qui in Italia, e sembrano veramente dare il tutto: le chitarrone piene e la batteria martellante fanno da traino per il pubblico che risponde presente.
Io intanto proseguo il mio via vai tra il dentro ed il fuori del locale con l’ennesimo drink della serata ad accompagnare questa mini maratona.

Sono le 23 passate e la serata è entrata totalmente nel vivo, di facce conosciute ce ne sono molte, ma mai quante le cazzate da raccontarsi in queste occasioni.
C’è chi arriva dal Pavese, chi dal Comasco, ci sono i Locals ed i Bauscia, c’è chi c’è sempre e chi prova qualcosa di nuovo.
Per non farsi mancare nulla c’è anche il cantante degli Impossibili che viene tampinato dal Sindaco di Oriano!
Si sta un po’ fuori, si alza un po’ la voce, si parla di qualcosa che non ricordo.
Ci tirano anche delle uova da qualche palazzina lì vicino, questa mi mancava, penso che la aggiungerò al curriculum.
Quando rientro nella calca ci sono gli Stinking Polecats sul palco, i ritmi sono calati ma i loro pezzi sono ormai dei sing along affermatissimi e mi trovo in mezzo ad un paio di gruppetti che sembra che stiano facendo a gara a chi canta meglio e più forte le loro canzoni, un po’ come le vecchiette in chiesa la domenica mattina quando partono i canti liturgici.
Mi sposto dall’altro lato della saletta e fortunatamente vedo che il trasporto del pubblico è condiviso, magari meno da Curva Nord contro Curva Sud, ma tutti i presenti rimasti sottopalco apprezzano la band piacentina.
In quel momento mi rendo conto che sono decisamente troppo sbronzo per permettere al mio cervello di imprimere in memoria i titoli dei pezzi proposti in questa occasione, ma con il mio sorriso da ebete stampato in faccia seguo il concerto fino alle battute e ai ringraziamenti finali.

Anche se ora, mentre termino questa specie di Live Report, devo ammettere che certi ricordi, soprattutto quelli legati agli attimi finali della situazione, sono un po’ annebbiati e confusi e che probabilmente ci sarebbe potuto essere molto altro da raccontare, sono certo di poter affermare di sentire addosso ancora quella sensazione di aver passato una piacevole serata in cui, un po’ per la musica, un po’ per le persone, il tempo è volato troppo velocemente.

La Casa di Alex riprende la stagione con una sufficienza piena, lasciando ben sperare che durante l’annata possano esserci una serie di eventi degni di nota.
Alla prossima!

Dan

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