
TALCO – DISCOMOSTRO – BAD FROG @LEGEND CLUB MILANO
Al Legend Club di Milano si celebra il ventennale dei Talco, una di quelle band che per un motivo o per l’altro hanno raccolto tantissimo all’estero anche se non si può dire che abbiano fatto lo stesso all’interno dei nostri confini, ma si sa, noi italiani siamo strani.
Alt, faccio immediatamente coming out: anche io sono parte del gruppo degli strani.
Reputo che gli originari di Marghera abbiano sia il loro “Perché” che i “colpi” giusti, ma per apprezzarli al meglio ho bisogno di almeno tre medie belle fresche in circolo.
Indipendentemente da ciò, ad aprire la serata ci sono prima i Bad Frog e poi i Discomostro, quindi mi è decisamente vietato non presenziare.
Entro nel locale appena in tempo per sentire i primi colpi sul rullante del Toro di Codogno e cerco di farmi spazio nella calca, anche se arrivare sottopalco non è semplice per due motivi:
– il primo perché l’evento è sold out,
– il secondo perché fin da subito si genera un bel pogo carico a pallettoni largo tanto quanto il palco, e che impedisce qualsiasi avvicinamento a meno che non si vogliano prendere sette o otto manate in faccia.
Oltretutto, causa tempi serratissimi (solo 30 minuti a disposizione per la band), c’è purtroppo poco spazio per le cazzate di Paolino, quindi i brani si susseguono fin da subito a ritmi serratissimi per la grande gioia dei gladiatori in mezzo all’arena.
Godi Popolo!
La scaletta dei quattro da Codogno è un bel mix tra i pezzi storici che gli hanno permesso di saltare alla ribalta e suonare a tutte le sagre della polenta taragna stagione invernale 2019 (Cado dalle nuvole, voglio far la ballerina, Milano) e le polluzioni artistiche dell’ultimo album “Ho bevuto troppo pogo” (il Bidello, l’escort del ’96, Pasta vongole e bottarga), e tra un coro e l’altro il tempo sembra passare fin troppo velocemente.
Preso da un attimo di inaspettata (e col senno di poi sciagurata) esagitazione, mi butto in mezzo alla mischia con l’intento di contribuire il più possibile alla causa.
Cazzo, queste facce nuove dentro il pogo ci danno dentro di brutto!
Il mio bilancio personale è dei peggiori in assoluto, paragonabile solo alla disfatta verdeoro contro i tedeschi nel mondiale del 2014: in meno di tre minuti prendo una decina di pizze sui denti ed altrettante ai fianchi, e dopo una serie di tentativi andati a vuoto riesco a rifugiarmi in una zona più tranquilla, ma che fortunatamente è proprio al cospetto della chitarrona azzurro Cadillac di Ugge.
Da qui è ancora più romantica la visuale della band sul palco: onde evitare di far innamorare tutte le ragazze ed i ragazzi presenti il Premo è stato volutamente nascosto in un defilatissimo angolo dietro al Professor Bertelli, ovvero l’uomo che non sbaglia un barré dal settembre del 1992, mentre il Paolino occupa la sua classica casella da Centravanti alla Ronaldo il Fenomeno, ed alla sua sinistra, completamente isolato dal gruppo come se fosse stata precisa indicazione sul doverlo tenere a distanza, Ugge, il quale, in piena crisi iperattiva continua a muoversi, saltare, cantare, girarsi da una parte all’altra e che speriamo venga dotato dalla prossima puntata anche di un mini spillatore per farlo sentire ancora più a suo agio.
Questa sera il tempo è decisamente tiranno, e anche se tutti i presenti ne vorrebbero ancora (ad evidenza dell’attuale e continuo stato di grazia della rana cattiva), è giunta la fine dei giochi.
Mentre l’ennesima esibizione ad alti livelli si conclude, viene spontaneo chiedersi se dopo i traguardi dello scorso anno, con l’album nuovo appena uscito ed il tour in corso in tutta Italia può essere questo l’anno della loro consacrazione.
Faccio appena in tempo a spostarmi dal sottopalco (oggi per il sottoscritto non sa’ da fare di prendersi altri ceffoni sugli zigomi) che quegli scherzi della natura dei Discomostro sono prontissimi al secondo round.
Capitanati dal Carlame in versione fatina biondina (ma lo sapevate che se fate finta di essere nel 2012 e lo cercate su Akinator vi esce davvero??), con al seguito il chitarrista-writersss Morl∀, il batterista con i capelli più accordati di tutto il lombardo-veneto Manuel e un Andy sempre più cadaverico al basso, questi mostri del cazzo danno il via ad altrettanti 30 minuti a ritmi ben sostenuti.
Spazzata via la decisamente palpabile tensione presente al release party del mese scorso, alla terza data del “Oh No!” tour, anche loro confermano una scaletta divisa tra pezzi già collaudati (Ciao, Cavatappi, Troppo, Gennaio) e nuovi (Tuttocchei, Tornerò, Persona).
Quando c’è questa squadra sul palco non si può fare altro che mettersi a nudo e perdersi nei testi, condividendo con tutti i presenti un pezzettino di sé.
Che sia rabbia, nostalgia, voglia di rivalsa o delusione, i mostri hanno trovato la formula per accumunare i propri fan e non si può che uscire soddisfatti anche questa volta dalla loro performance.
Quando le rullate finiscono e le luci si accendono, c’è spazio solo per una meritatissima standing ovation: roba tipo Del Piero al Bernabeu.
Come dicevo già in precedenza, i Talco li apprezzo appieno solo al raggiungimento della terza bionda media, e io quest’oggi ho deciso di fermarmi a due.
Butto lo sguardo un paio di volte dentro alla sala concerto mentre loro si esibiscono solo per confermare ciò che intuivo sarebbe successo, ovvero che chi prima stava sottopalco con i Bad Frog ed i Discomostro ora si trova decisamente più defilato o addirittura fuori dal locale, e chi prima magari era più in fondo ecco che ha preso posto nelle prime linee e si scatena come non mai.
Magari la scelta delle band di supporto è stata un po’ furba, ma sicuramente è da considerarsi vincente.
Un brutto problema tecnico interrompe bruscamente il live neanche alla mezz’ora e ci vuole decisamente più del previsto per far ripartire la macchina della patchanka come si deve.
Poco male, io intanto me ne sto fuori a molestare le immancabili creature mitologiche presenti: tra Secoli Morti (nuove date in arrivo?), Rubber Room (disco nuovo appena uscito e già recensito qui su Irritate!), Friday in Punk (dotato sia del dono dell’ubiquità che del gira-tempo di Hermione Granger), Sick Family (tra due settimane c’è il Nonna Luisa is a Punk) e quel merdone asociale del mio batterista, ce ne è facinorosamente per tutti i gusti!
Rientro casualmente nel locale per beccarmi (con gioia) la combo “Dalla Pallida Miro” e “Danza dell’autunno rosa”, gli unici due pezzi che quando mi capitano nella modalità riproduzione casuale di Spotify non skippo mai.
Sarà la musica, sarà la temperatura ambientale sufficiente a fondere il piombo, sarà che la gente balla e si diverte… C’è da dire che la netta impressione è quella di trovarsi ad un collaudatissimo festival estivo!
Mentre i Talco conquistano il Legend Club di Milano, prima di rientrare nell’inevitabile ripetitiva quotidianità, mi faccio un ultimo giro di fuori, tra volti amici, conosciuti e sconosciuti, tra sorrisi e cazzate, tra spensieratezza e antifascismo, tra abbracci e libertà.
Dan