Satanic Surfers + The Corps + Lineout @ Legend Club Milano
Chi mi conosce bene lo sa che sembra che sia nato dieci anni prima di quello che ho scritto sui documenti.
Beh dai…non perché sembri più vecchio di quello che sono (oddio…magari anche), ma perché le mie passioni e miei gusti spesso sono più da GenXer che da Millennial.
Tutto sto pippone serve per spiegare il mio amore viscerale verso i Satanic Surfers: nati nel 1989 in una Svezia più metallara che punkrocker, i surfisti satanici hanno dominato la scena skatepunk europea nel suo momento di maggiore splendore, e chi era adolescente in quegli anni (non io, per l’appunto) lo ricorda bene.
Ma quindi perchè sono finito tra i tifosi sfegatati di questa band? Perché nel lontano 2003 sono stato iniziato al mondo del punkrock da quel saggio di mio cugino Fra (con cui ho anche poi condiviso il palco per più di 15 anni), di otto anni più grande di me.
È stato lui a portarmi ai primi concerti quando non avevo la patente e a prendermi sotto la sua ala da pischello gettandomi all’amo i tre dischi grazie ai quali, nella mia vita, c’è stato un prima e un dopo (Operation Phoenix dei Good Riddance, So Long dei NOFX e Duh dei Lagwagon). Lui che in camera aveva questo bel poster del tour di Unconsciously Confined dei Satanic; va da se che prima o dopo i loro dischi sarebbero entrati nel mio stereo. Stiamo parlando però di un momento in cui la band era entrata un po’ in crisi: Rodrigo, fino a quel momento lead singer e batterista, lascia le pelli per dedicarsi unicamente al microfono. Un colpo durissimo per gli hardcore fan che, complici anche un paio di dischi non esattamente esaltanti, avevano iniziato a perdere un po’ di interesse. Ragion per cui, per quanto mi fossi gasato ascoltando Hero of Our Time e Going Nowhere Fast, non sono mai riuscito a vedere un concerto degli svedesi.
La maledizione l’ho spezzata sabato 19 aprile al Legend Club di Milano alla veneranda età di 37 anni, ed ero comunque uno dei più giovani tra i presenti (gne gne gneeee).
La serata parte già con una carrambata notevole: orario aperitivo sono già al locale con Ale e Impe, due miei vecchi compagni di scuola che non vedevo da praticamente secoli. Mentre brindiamo ai vecchi tempi e ci raccontiamo gli anni di lontananza appare lui: Rodrigo Alfaro. È il colpo di grazia per il me quindicenne che si stava ancora riprendendo dall’essere salito sul van dei Burning Heads circa una settimana prima (tra l’altro, show notevole di cui parleremo). Non so se è per i miei, comunque, 37 anni o perché sono in compagnia di gente che non vedo da un po’ e non voglio fare figuracce, ma mi do un contegno e mi fermo alla contemplazione del mito. Avrei voluto fargli duemila domande e raccontargli di tutte quelle occasioni in cui era entrato nella mia vita senza saperlo.
Con un paio di medie, un panino e altre schifezze in corpo ci portiamo dentro il locale dove i Lineout stanno iniziando a martellare.
Devo chiedere scusa ai regaz: dopo i primi due pezzi devo uscire a recuperare il già citato cugino Fra e fargli un po’ di compagnia mentre si prende da mangiare. Torniamo dentro per gli ultimi due pezzi. Dirò solo che a Fra sono comunque piaciuti, e dovreste conoscerlo per capire quanto questa frase abbia valore. Il mio buon mentore è un gran conoscitore di musica e fa sempre fatica a trovare qualcosa che gli susciti vero interesse nel panorama punkrock odierno, quindi il fatto di emergere all’attenzione delle sue orecchie va preso assolutamente come un bel complimento (per quanto mi riguarda, ben meritato).
Passiamo ai The Corps, canadesi già passati dalle nostre parti (allo Stige di Codogno coi Last Mile) lo scorso autunno. I regaz regalano subito un particolare che è impossibile non notare: chitarristi e bassista indossano tutti un vistosissimo anello luminoso che regalini del Cioè levatevi proprio dal cazzo. Nessuno ne capisce il motivo, ma va bene così. Trashata della serata a mani basse. Parlando di musica, il loro è uno stile che si rifà moltissimo al punk melodico di matrice 90s, con qualche sporadico momento “surprise rock’n roll”, che portano sul palco con la freschezza di quattro pischelli (non mancano salti e giri di palco). Forse non qualcosa di imperdibile, ma sicuramente le idee ci sono, i regaz suonano bene e ci credono. Se la gente ascoltasse ancora i No Use li troveremmo nel tabellone di qualche festival in più.
Cambio palco veloce e una sequenza intro porta i Satanic Surfers sul palco di un Legend anche abbastanza pienotto.
Gli svedesi attaccano con un pezzo dell’ultimo album, Back From Hell del 2018, cosa che onestamente non mi aspettavo. Avendo apprezzato il disco, trovo comunque la scelta azzeccata, ma è And The Cheese Fell Down che scatena davvero i presenti. Il pezzo è forse il primo dei classiconi che viene sfornato ed è tutto un singalong sfrenato. Il pubblico sembra abbastanza agitato, diciamo che non è la bolgia di quando si aveva l’età per andare a scuola ma il cuore arriva dove il corpo si ferma. Mettiamoci anche un agente security metallaro (ci abbiamo fatto quatto parole all’ingresso) ma che sembra non aver mai visto nessuno fare crowd surfing: ogni volta che qualcuno si alza sopra la folla parte in quarta per sedare il tutto manco stesse partendo una rissa. Non so se è politica del Legend (non credo), ma comunque scena abbastanza ridicola.
Rodrigo è una macchina da guerra: tornato alla batteria e voce, nel suo elemento nativo, dà lezioni di attitudine dal fondo del palco. Parla poco, il maggiore interlocutore col pubblico è il bassista Andy Dahlström, ma quando lo fa è come se uno spirito si levasse per imporre il suo volere sulla situazione. Due sono a mio avviso gli altri momenti salienti di un’ottima scaletta eseguita alla perfezione: Armless Skater, con grandissima gasa di tutto il pubblico, e la consueta chiusura con Head Under Water, quando il gruppo si ferma completamente per lasciar mandare avanti la canzone ad un pubblico visibilmente commosso.
Lascio il Legend facendomi dare uno strappo da Fra fino alla mia macchina, parcheggiata non vicinissimo. Lui alla guida e io al posto passeggero, proprio come quando mi portava ai concerti che manco ero maggiorenne…
Che dire, una serata memorabile che mi ha fatto fare anche qualche pensiero.
Il pubblico di questa serata penso fosse esattamente lo stesso di fronte a cui hanno suonato i Satanic l’ultima volta che sono passati in Italia. Le presenze della scena diciamo attuale si sono contate davvero sulle dita di una mano: dell’hardcore melodico e dello skatepunk non frega proprio più un cazzo a nessuno. Da parecchio tempo ormai è finita l’era del “più veloci, stronzi!”, mentre ricordo che quando iniziai a muovere i miei primi passi anche chi palesemente non suonava questo genere ci teneva a piazzare un “hc” vicino al proprio nome sui flyer. Forse per la prima volta visualizzo sul serio questo cambio generazionale che, seppur avvenuto ormai da qualche tempo, si è consumato davvero velocemente.
Fatto sta che a me è quasi venuta voglia di metter su una band!
Reeko
Un pensiero riguardo “Satanic Surfers + The Corps + Lineout @ Legend Club Milano”
Adoro.
Rodrigo veramente una macchina da guerra!! Quasi ero preoccupato dal fatto che ci fosse abbastanza ossigeno per il suo fabbisogno dentro al Legend.
Comunque sono sicuro che i tuoi amici ti avrebbero capito se fossi andato a importunare il tuo eroe. adolescenziale.