Live Report | Drug Church + Irma + Pigro @ Legend Club Milano

Live Report | Drug Church + Irma + Pigro @ Legend Club Milano

Ci sono voluti ben dieci anni per far tornare i Drug Church dalle nostre parti.

Sono un fan della band da relativamente poco (li ho scoperti con l’EP Tawny del 2021, di cui avevo parlato qui), ma di loro mi sono innamorato alla svelta. Scavando (ma nemmeno troppo) nei meandri dell’internet scopro che l’ultima apparizione dei regaz di Albany, NY, dalle nostre parti risale all’ormai lontano 2015, quando fecero da spalla ai Title Fight alla Tenda di Modena. Cos’ho nominato…che bello sarebbe poter dire che l’attesa è finita per rivedere (o solo risentire) anche loro…ma questa è un’altra storia dai (I Miss Title Fight-ers, ci vediamo nei commenti).

Nonostante l’indubbia crescita negli anni anche a livello di audience, ho spesso avuto l’impressione che dalle nostre parti i Drug Church abbiano raccolto molto meno di quanto avrebbero dovuto: se fuori dai nostri confini la band è normalmente tra le pagine di testate importanti come Lambgoat o Revolver, il nostro Bel Paese rimane tutt’ora piuttosto freddo nei confronti del combo americano. Se ne parla sempre troppo poco e purtroppo non si ha la percezione corretta della caratura della loro proposta. Non ho voglia di chiedermi il perché, o forse lo so ma voglio far finta di non saperlo.

Hellfire Booking, a capo dell’operazione comeback, completa la scaletta della serata con due ottime proposte nostrane, Pigro e Irma, per quella che si prospetta una serata decisamente golosa.

I Pigro sono una formazione assolutamente nuova, ma comprensiva di certi elementi che sono ben noti ai più. Andrea, bassista degli If I Die Today, lo troviamo stavolta in veste di cantante e frontman con dei risultati che solleticano positivamente le mie orecchie. Suonano un onestissimo hardcore di matrice late 90s con qualche guizzo creativo davvero interessante, a tratti mi ricordano qualcosa alla Poison The Well ma con decisamente meno metal. Mi gasa molto anche lo stile del batterista, che in più punti cattura la mia attenzione.

Promossi bene anche con suoni non a postissimo e, visto che siamo in odore di fine scuola, a casa con la pagella bella e senza debiti. Tutto giusto, ma purtroppo poca gente (forse l’orario? Il martedì sera?).

In linea con gli orari della scaletta, gli Irma si impadroniscono del palco. Trovo che la band sia in un momento di particolare forma: a proprio agio anche con un palco importante come quello del Legend la portano a casa da signori. Devo dire che ho visto gli Irma crescere molto negli ultimi anni, addirittura direi che si sia formata una fanbase affezionata che anche stasera partecipa e canta praticamente ogni pezzo. Sono una band veramente sana, con un messaggio intelligente, sempre positivo, bilanciato e decisamente radicato nel DIY che, soprattutto in un momento storico come quello che stiamo vivendo, sarebbe bello potesse arrivare a molte più persone (listen to the meaning before judging the screaming diceva qualcuno…).

Li vedo lanciati; tornando ai parallelismi scolastici direi che studiano, si applicano e magari l’anno prossimo li portiamo in gita all’estero perché se lo meritano. Una cosa che di certo non si meritano invece è l’affluenza ancora decisamente sottotono, irriducibili sotto palco a parte.

Il timore che le mie impressioni fossero tutto sommato fondate a quel punto mi è venuto: e se il pubblico italiano non avesse ancora capito i Drug Church? Per fortuna dopo una pausa birretta, chiacchiere e aria fresca rientro in un Legend ripopolato. Non tantissimo però, o almeno non quanto secondo me dovrebbe essere. Il locale si è riempito bene, ma è tutto sommato vivibile e per una band del genere io credo che la serata sarebbe dovuta essere da sold out. Non penso di aver torto sulla risposta del pubblico nostrano a questa band, ma diciamo che ci sono segnali abbastanza incoraggianti.

L’esibizione degli americani è praticamente perfetta: i suoni sono da disco e i volumi sono quelli che servono ad una band del genere per esprimersi al meglio. Patrick Kindlon è un frontman incredibile, totalmente fuori dalle righe con le sue andature ciondolanti e le sue espressioni stralunate. Non ha in pugno il pubblico, è al suo stesso livello ed è questo il bello. Sono anche contento di vederlo sereno: so che la recente scomparsa di Dave Shapiro lo ha particolarmente colpito (in seguito alla tragedia, la band ha annullato alcuni concerti ed ha richiesto il subentro alla voce di Jeremy Bolm dei Touché Amoré per il Memorial Day Fest di Baltimore).

La dimensione del club è decisamente l’ideale per loro e i sorrisi che si vedono sul palco alla fine di ogni pezzo e tra il pubblico durante l’esibizione non lasciano dubbi sul perfetto funzionamento dell’insieme.

Unica nota negativa della serata, un banchetto merch davvero striminzito (si salvano però gli Irma con un merch table che potrebbe far concorrenza a Roberto il Baffo). Drug Church si portano solo tre maglie nemmeno straordinarie, un cappellino (preso..eeh vabbè..) e niente dischi. Peccato veramente!

Finisco la serata con mille chiacchiere con un sacco di gente arrivata anche da non vicinissimo, finché i regaz del Legend ci fanno capire che è ora di andare a nanna lasciandoci praticamente al buio. Che belle vibes però!

Non altri dieci anni per favore. E ascoltate i Drug Church cazzo.

 

Reeko

Pics by Christian Mocchetto

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