Snuff + Verse, Chorus, Inferno @ Bloom, Mezzago (MB) | 18/11/22
L’occasione è ghiottissima per ogni punkrocker over 35 che si rispetti: tornano in Italia i leggendari SNUFF, 8 anni dopo l’ultima apparizione (tra i primi gruppi di giornata al Rock In Idro 2014) ma oltre 25 anni dopo la prima (e ultima) esibizione in un club dalle nostre parti… io stesso li vidi al Deconstruction Tour 2001 e al Groezrock 2014 ma mai, mai e poi mai in un club.
Considerato che la data (la prima di tre nel Belpaese) è schedulata allo storico Bloom di Mezzago, la combo si preannuncia da sogno.
È venerdì sera e non si può immaginare nulla di migliore come ‘detox’ dalla settimana lavorativa che un evento del genere: infatti, arrivo nel parcheggio lievemente in ritardo sulla mia tabella di marcia e noto che pur essendo soltanto le 21:45, ci sono già pochissimi posti liberi in prossimità del locale… le premesse sembrano ottime e diventano eccezionali quando, appena arrivato alla porta, incontro la delegazione genovese giunta direttamente da Zena a Mezzago apposta per la band di Duncan Redmonds e soci. Guidati da Albi Flamingo “lievemente” emozionato per la serata (Snuff una delle sue band preferite, prima volta che li avrebbe finalmente visti live), incontro dunque Robi, Diego, la Emi, Matteo e ci mescoliamo in caldi abbracci.
Come contraltare alla cosa, mi tocca constatare che il 70% dei presenti (circa un centinaio) provenga da buona parte d’Italia a eccezione di Milano, c’è una buona rappresentanza bergamasca, poi oltre a Genova ci sono Como, Varese, Lodi, Piacenza, Verona, ma oltre ai “soliti noti” da Milano e provincia, davvero poca gente…
Hanno appena iniziato i Verse, Chorus, Inferno e nutro grandi aspettative su questa band: ho ascoltato qualcosa e devo ammettere che ci sanno davvero fare su disco con il loro robusto power-pop.
Nel frattempo vengo raggiunto dall’”irritato” Reeko e ci scambiamo dei pareri sull’affluenza, in primis, che ci saremmo aspettati molto più copiosa per un ritorno del genere.
Dopo ci concentriamo sulla band comasca che sta snocciolando il proprio repertorio: come conferma anche Reeko sono inequivocabilmente molto bravi, ma vuoi per il sound forse più calibrato sull’old school degli Snuff, vuoi per la tipologia di serata, il loro set davvero ben suonato termina con un consenso innegabile, ma senza alzare troppo l’asticella… da rivedere in un contesto più “loro”.
Ecco l’adrenalina che sale, ed ecco anche che il pubblico inizia a “abbracciare” idealmente la prima fila sottopalco: ci siamo, anzi ci risiamo, ma per la prima volta ce li gusteremo in un club, indoor, come merita un combo del genere. Gli Snuff salgono uno dopo l’altro e l’emozione si sente, per noi, loro sono perfettamente a proprio agio, vecchie volpi della scena da più di 30 anni. Un collettivo di 7 persone che fa innegabilmente capo a Duncan, con la sua batteria essenziale, 3 fusti e 4 piatti, senza orpelli.
Una delle cose più emozionanti di tutto il set (un’ora dritta senza pause e con poche parole tra un pezzo e l’altro, prima del bis) è proprio il suono, quel suono marchio di fabbrica che conosciamo a memoria dai loro dischi: anche un quarto di secolo dopo, pezzi immortali come ‘Nick Motown’, ‘B’, ‘Whatever Happened To The Likely Lads’, ‘Marbles’, ‘Arsehole’e l’inaspettata ‘Iyefh Taidu Leikh’, suonano esattamente così, con quel rullante, con quella grinta, con quel sound.
Sembrerà scontato, ma non è sempre così, soprattutto quando si ascolta una band che parte dall’hardcore suonato a 230 bpm e ci mescola rocksteady, ska, dub e punk grezzo stile ’77 intriso a tratti pure di soul… sono gli Snuff, un’istituzione.
Stasera siamo qui a sentirli e vederli suonare a due metri di distanza, quando ci ricapita? Un crimine non essere venuti questa sera al Bloom (o a Bologna e Torino nelle altre date italiane).
Qui si parla senza se e senza ma di concerto punk dell’anno, per quanto mi riguarda.
La chiacchierata a fine serata con Duncan mentre si smontava la batteria (il ragazzo è quasi sessantenne ma ha la stessa verve di un ventenne), con il suo accento tipicamente ‘cockney’, è stata la ciliegina sulla torta, tra Guns’n’Wankers e i Toy Dolls, sul perché l’ultimo disco degli Snuff sia intitolato in italiano (‘perché siete la patria della Lambretta’) e sull’espressione basita dopo avergli mostrato la mia copia del loro primo disco in cassetta… ‘ma funziona ancora’ ?
Ovviamente.
Koppo