Bay Fest-Day 3- the Hives, Circle Jerks, Raw Power, the Baboon Show, Spider, Acid Brains @ Bellaria
Il secondo giorno del Bay Fest (venerdì 12 agosto, con Millencolin e Interrupters come main acts) ho preferito fare vita da turista e oziare profondamente, dopo i bagordi del primo giorno.
Ma è indiscutibile che sabato, nella terza giornata del festival, sia in cartellone la band che più di ogni altra mi abbia fatto scattare sulla sedia all’urlo di “ANDIAMO A IGEA” per la gioia della mia consorte che quest’anno bramava un mare leggerissimamente più cristallino dell’Adriatico.
Poche storie, stasera suonano i Circle Jerks!!!!
Per la prima volta in Europa quest’anno.
Per la prima volta in Italia, dopo oltre quarant’anni.
I CIRCLE JERKS.
Dopo aver consumato negli anni il dvd ‘The Show Must Go Off’ con il loro reunion show del 2004, dopo aver idolatrato i due capolavori ‘Group Sex’ e ‘Wild In The Streets’, ecco finalmente in cartellone una band fondamentale dell’hardcore, imprescindibile, che mai avrei pensato di riuscire a vedere sul palco.
Di conseguenza, tutto quello che si sviluppa prima e dopo il loro show, non me ne voglia nessuno, assume la dimensione di un mero contorno, ovviamente di alto livello, ma parliamoci chiarissimo: se in questa giornata non ci fossero stati i Circle Jerks, si sarebbe avuta un’affluenza ridicola per le dimensioni dell’arena e del Bay Fest stesso.
Ma andiamo con ordine: al Beky Bay in acustico si esibiscono due vecchie conoscenze nonché due cari amici, Mike Noegraf e Yotam degli Useless ID.
Avviso Mike che per cause logistiche non arriverò in tempo per i live, infatti quando entro al Beky li incontro a chiacchierare con un bel gruppetto di persone davanti ai rispettivi banchetti del merch.
Riesco a salutarli come si deve e non virtualmente come purtroppo accaduto negli ultimi 3 anni, ci facciamo due chiacchere con la promessa di risentirci e combinare qualcosa presto (NB: stay tuned).
Una volta entrato al Bay, noto subito che c’è il deserto: siamo in 4 gatti e molto probabilmente ci conosciamo pure tutti.
Immancabile il giro e i saluti alla postazione di Flamingo Records, con Albe e Maso, coppia di amici splendida, che se abitassi a Genova probabilmente ora sarei un senzatetto, ma avrei solo dischi bellissimi con cui coprirmi la notte.
Vado dritto al banchetto del merch (bellamente ignorato il primo giorno) e noto che non c’è ancora esposto nulla di nessuna band, se non un paio di t-shirt dei Satanic Surfers probabilmente lì dalla sera prima (peraltro loro neppure hanno suonato, causa positività di un membro al Covid).
Chiedo informazioni ai due merch-guy e mi sento dire che le band hanno avuto dei problemi e li stanno per risolvere con l’organizzazione.
Siccome alcune cose negli scorsi anni mi sono state riportate, credo di aver intuito qualcosa, ma faccio finta di nulla e aspetto tranquillamente senza chiedere ulteriori delucidazioni.
Nel frattempo iniziano i concerti, in apertura ci sono gli Acid Brains, vincitori di giornata del famigerato contest per suonare, appunto, al Bay Fest.
Una cosa che rimprovero sempre alle band italiane “come noi” è quella di dare per scontato che si sappia chi sei, tutti sicuramente sapranno chi sei perchè sono lì, perché l’avranno letto o non so per quale motivo.
Fatto sta che il chitarrista/cantante della band introduce in maniera non proprio nitida il nome della band solo verso la fine, con un fare (almeno così viene percepito da chi non è proprio in transenna) abbastanza spocchioso, che mi distoglie dal lato musicale del gruppo.
Bravi sono bravi, cioè sanno suonare e lo fanno senza sbavature, ma alla fine del loro set mi ricorderò soltanto il simil-spoken word sul finire di un brano in cui il cantante insulta in maniera infantile e “facile” la figura dell’influencer.
Non so, su un palco così grande e in contesto del genere, a meno che tu non sia davvero un pezzo grosso, un’uscita del genere mi è sembrata banale, scontatissima e priva di relazione con la proposta della band … amen
Arrivano sul palco gli Spider, sostituti last minute dei No Fun At All (tour annullato dopo la querelle mediatica coi Sick Of It All, possiamo dire Sick Of No Fun At All ? ).
Purtroppo il loro set già prevedibilmente stringato viene ulteriormente rallentato da un problema con i cavi del chitarrista, questione di pedalina e relativi suoni.
Fatto sta che tra la partenza e il primo brano in cui a una certa la chitarra sparisce completamente dai monitor, la situazione sembra in salita.
Bravissimi loro, a ripartire con la botta e l’attitudine di chi non è mai passato dal nostro paese ma non è di certo in giro da ieri, attaccano un pezzo dopo l’altro e alla fine raccolgono i meritati applausi … una band come tante, ma quanto cuore!
Il frontman per “paraculare” ulteriormente il loro set distribuisce magliette e cd (oh, esistono ancora e esistono ancora band che li portano in tour, pazzesco eh ?!?) e alla fine vissero tutti felici e contenti.
Da rivedere, assolutamente, meglio se in un posto al chiuso.
Gli svedesi The Baboon Show arrivano sul palco del Bay Fest con il mio essere prevenuto nei loro confronti; purtroppo i pezzi ascoltati su Bandcamp non mi hanno convinto quasi per niente, un rock’n’roll altamente debitore dell’hair metal, una revival band come tante.
Invece … bravi.
O meglio, furbi.
Bravi e furbi, ad avere imparato bene la lezione su come stare su un palco e soprattutto come “tenersi” il pubblico.
Certo, la cantante con il corpetto settecentesco strettissimo con vista capezzolo e la bassista vamp con calze a rete nere, capelli blu elettrico e sguardo decisamente nordico (dai che avete capito…), indubbiamente fanno.
Però il chitarrista è un manico, fa delle seconde voci da manuale e non sbaglia un’entrata, il batterista è bruttissimo e per questo vince, con capello lunghissimo liscissimo biondissimo ed evidente pancia alcolica su corpo magro e bianco latte, il tutto condito da cappello stile gerarca nazista.
Credo abbiano convinto e trascinato parecchia gente (eufemismo, ci saranno state a dir tanto 150 persone durante il loro set), inoltre la cantante con le sue mosse da reparto ginecologia, buttandosi l’acqua addosso e facendo piroette sul palco, a giudicare dalle urla di giubilo ha conquistato sicuramente la quota maschile presente.
Ho apprezzato il discorso finale dedicato all’antirazzismo, all’antisessismo e all’uguaglianza dei diritti, mentre in diffusione si sentiva ‘People Got The Power’ di Patti Smith.
Nel frattempo sono arrivate le magliette e il merch di (quasi) tutte le band … purtroppo i Circle Jerks sono a fine tour e hanno le 3 t-shirt stampate per l’occasione, ma solo misure imbarazzanti (XL e XXL americane).
Restano una manciata di L e riesco a accaparrarmene una, purtroppo non quella con lo storico “skankin’ man” ma una in b/n che graficamente somiglia allo stile di Raymond Pettibon.
Merch degli Hives, gli headliner ? Non pervenuto
Strano, già, strano.
Sul palco salgono i Raw Power e ogni volta che vedo Mauro lì, che aspetta tranquillamente di iniziare il concerto col microfono in mano, mi rendo conto di aver avuto davvero la fortuna di assistere a un grande pezzo di storia dell’hardcore italiano, quello che ha girato il mondo e l’ha insegnato a un sacco di gente prima di tornare in patria e portarne avanti i messaggi e l’attitudine.
I Raw Power sono genuini, sono reali, sono veri.
Potrai anche dirmi che molti pezzi sembrano uguali tra loro, ma vanno ascoltati, capiti, vanno vissuti.
50 minuti di set, per un genere ostico a livello nazionale, eppure portato avanti e tramandato ormai da decenni, anche e soprattutto grazie a questi eterni ragazzi di Poviglio.
Solo applausi, un consenso unanime, nel frattempo sottopalco l’età media si è alzata del 50% e a me va benissimo così.
Ci siamo.
Aspettavo questo momento da anni.
Un’altra spunta alle band seminali di un genere che forse non mi ha salvato la vita, ma di certo me l’ha cambiata.
Signori, c’è un certo Joey Castillo che sta facendo gli ultimi suoni alla batteria (mi spiace enormemente non averli visti con Lehrer, batterista stilisticamente unico, ma qua abbiamo davanti un numero uno mondiale, tra i migliori batteristi degli ultimi 20 anni a mani basse).
Esce Zandler, sale Keith, spunta Greg.
I Circle Jerks sono sul palco di un festival a Igea Marina, nel 2022.
Sono davanti a me, qua in Romagna.
Se me l’avessero detto anche solo 5 anni fa avrei riso di gusto.
Keith Morris fa un sermone introduttivo, sul chi siano, sul perché ci siano ancora, su quanto e quanti li abbiano derisi/ostacolati/osteggiati negli anni.
Come a dire “adesso guardateci, siamo ancora qua, abbiamo vinto noi”.
… “we’re the Circle Jerks” … e parte ‘Deny Everything’.
Non vorrei essere da nessun’altra parte in quel momento, se dietro di me ci fosse Scarlett Johansson nuda che bacia Megan Fox stai certo che non perderei nemmeno quei 5 secondi per girarmi a guardare, anche perché i Circle Jerks in 48 minuti e 3 sermoni fanno 28 pezzi, ventotto.
Non puoi distrarti, è tutto lì davanti, sotto i tuoi occhi, fraseggio basso/batteria e poi via con chitarra e voce, tutto, così, bellissimo, devastante, sporco, grezzo, punk, hardcore, attitudine.
Inutile elencarti i pezzi, sono quei due dischi che sai, il primo e il secondo (che ha appena fatto i 40 anni), è tutto lì, l’essenza di un genere, il messaggio, la rabbia, la rivincita.
E’ il momento più alto non solo del Bay Fest, ma presumo di tutta la stagione concertistica del ’22.
Purtroppo dopo il loro set quasi tutti se ne vanno e subentra (seppur in esigua parte) la fanbase italiana degli Hives … gente che sbadiglia in transenna tra un pezzo e l’altro e si rianima solo perché deve fare il video su ‘Hate To Say I Told You So’ e (non sia mai) sulla conclusiva ‘Tick Tick Boom’ che tra intro, pausa, intrattenimento, ripartenza e finale si prende quasi 14 minuti di scaletta.
Fan degli Hives che non conoscono ‘Main Offender’, età media dimezzata rispetto ai due gruppi precedenti ma anche partecipazione distaccata e confusionaria, il tenore è “essere qui per l’evento non per chi sta suonando”, tutta l’antitesi di ciò che succedeva sullo stesso palco neanche un’ora prima.
The Hives sempre e comunque sopra le righe, visibilmente affaticati da un grande tour mondiale “come li fanno loro”, ma senza dubbio e allo stesso modo difficilmente replicabili nello stile, nella botta e nell’entertainment.
Chris Dangerous continua a scaricare i suoi ritmi apparentemente sghembi su cassa e rullante come un fottuto pazzo e per il sottoscritto è una goduria vedere cotanta resa sonora.
Pelle è sempre lui, anche quando dice per la centordicesima volta che “loro sono gli Hives … e noi no!“
L’unico frontman che si permette di presentarsi da solo, per ultimo, durante i saluti finali: lui può !
Goduria totale.
Koppo