Nofx -Last Tour- Barcellona
Live report ritardatario ma molto (ma moolto) irritante del nostro Chorizo
Disclaimer: Ultimamente su Irritate people va di moda il format “Pensieri a cazzo”, ovvero brevissime opinioni a caldo, praticamente buttate giù in macchina sulla strada del ritorno dal concerto. Questo Live report chilometrico è l’esatto contrario. Scritto con un mese abbondante di ritardo solo perché 27Tommy mi ha insistito a dirmi che ci tiene, e visto che mi paga un botto per farlo eccolo qua.
Quelle qui sotto riportate sono opinioni personali, nessuno vi obbliga a leggerle, essere d’accordo o commentarle. Se volete lamentarvi fatelo con 27Tommy che ha scelto deliberatamente di pubblicarle anche dopo averle lette in privato.
Buona lettura
Premessa numero 1: I Nofx mi stanno sul cazzo.
Punk in Drublic è il disco con cui ho scoperto il punk e tutt’ora uno dei miei dischi preferiti di sempre, ma Michael Burkett, Eric Melvin e Aaron Abeyta ritengo siano feccia, e mi stanno profondamente sui coglioni. Se cercate delle ragioni leggete The Hepatitis Bathtub and Other Stories. Smelly invece è un simpatico cazzone che è sceso all’inferno ed è riuscito a risalire e per questo merita tutto rispetto del mondo.
Premessa numero 2: I Nofx mi stanno sul cazzo.
Simile alla premessa numero 1 ma per ragioni diverse. Si sono impegnati tutta la vita a sbatterci in faccia che sono dei punk, che sono contro l’industria discografica, la mercificazione delle band e cazzate del genere, poi però annunciano un ultimo tour pluriennale di durata indefinita, manco fossero un Elton John qualsiasi che ha iniziato il final tour nel 2018 e non lo ha ancora terminato, vediamo se i californiani riescono a battere il record. Se davvero non vuoi più suonare dal vivo smetti e basta.
Premessa numero 3: I Nofx mi stanno sul cazzo.
Perchè non so quante volte sono andato a sentirli e tutte le volte sono tornato a casa dicendo “Questa è l’ultima volta“. Performance patetiche, Mike più impegnato a predicare che a suonare, e stesura delle scalette secondo il criterio: “Facciamo incazzare chi sta sotto il palco” (cit. Fat Mike).
Premessa numero 4…
I Nofx mi stanno sul cazzo.
Perché nonostante le premesse numero 1,2 e 3 io sono un babbo, mi sono fatto intortare dall’amico Piemme e sono caduto nel tranello del final tour al grido perentorio di: “Questa è veramente l’ultima volta!”. Almeno a sto giro la scaletta si sapeva da prima di comprare i biglietti, e ho pensato che non potevo lasciarmi scappare l’occasione di sentire The Decline dal vivo (esattamente come tutti quelli che sono andati a Linz).
Fatte le dovute premesse posso finalmente iniziare realmente il live Report.
Il concerto è al Poble Español sul Montjuic, uno dei posti più inculati della città. Ho già spiegato qui gli sbattimenti per arrivare, quindi ve li risparmio.
Mi ritrovo all’ingresso con il Piemme e il vigile Urbano verso le sette di sera, assente Willy Wonka che ha bidonato all’ultimo (tanto il biglietto non l’ha pagato lui).
Mostri il QR code e ti viene messo un braccialetto con tag magnetico, una specie di poste pay dei Nofx con cui pagare all’interno del festival. Carichiamo tutti i nostri risparmi e ci prepariamo a entrare. Bellissimo scoprire una volta dentro che era completamente inutile, e che si poteva pagare in altri mille modi compreso il baratto. Ancora più bello scoprire il giorno dopo che per riavere i soldi non spesi bisognava pagare 2€.
Poi uno si scandalizza se dico che in Nofx mi stanno sul cazzo.
Ultima tappa prima di entrare sono i metal detector (non sia mai che qualcuno si infili tra il pubblico con un coltello nello zaino), anche se dubito seriamente funzionassero, visto che metà della gente aveva addosso almeno due chili di ferro tra catene borchie e spike.
Dentro il primo impatto è abbastanza strano. Il poble Español, è una specie di borgo medioevale finto. Ogni via è fatta nello stile di una diversa regione, solo che:
1 la Spagna è tutta uguale quindi se non te lo dicono non si capisce la differenza.
2 è tutto fatto di cartapesta, e si produce quello che io chiamo effetto Gardaland: da lontano il colpo d’occhio è gradevole ma da vicino è tutto palesemente finto e deludente.
Comunque la Plaza Mayor è discretamente piena, e gli anzianotti che la popolano sembrano soddisfatti della performance dei Get Dead appena terminata (che mi sono perso perché la domenica pomeriggio devo portare la famiglia al pascolo).
Cambio palco rapido e attaccano i Subterranean Kids, e… no.
Apprezzabile l’operazione nostalgia dei Nofx: fanno suonare il gruppo che gli ha fatto la spalla più di trent’anni fa la loro prima volta in Spagna , ma…no, punto.
Archiviate le vecchie glorie spagnole il palco è dei Donots. I Tedeschi propongono un set schizofrenico. La scaletta sembra la colonna sonora di un college movie di primi anni 2000, ci sono tutti i generi “alternative” possibili immaginabili, dal power pop al post hardcore, dal simil metal allo screamo, di tutto un po’ ma niente di propriamente punk.
A onor del vero nelle prime file la gente sembra apprezzare, e alla fine conquistano l’attenzione di tutta la piazza con una tecnicamente traballante, ma indubbiamente coinvolgente, cover di We’re not gonna take it dei Twisted sister…boh
L’ultimo cambio palco è interminabile, anche perché inizia a cadere qualche goccia di pioggia e quindi la gente si fa più nervosa.
All’occhio la piazza sembra tutta piena, ma è anche perché non si sta particolarmente accalcati.
Finalmente partono le note di Balla coi Barlafus e appaiono Fat Mike e i suoi, che ne approfittano per abbracciare e far foto con i tantissimi assiepati dietro le transenne sul fondo del palco (500€ a testa?).
Breve intro degli AC/DC (perchè?) e…
SBAM…SBAM…SBAM…SBAM-SBAM!…SBAM…SBAM…SBAM…SBAM-SBAM!
I primi accordi di Dinosaurs will die sono come pugni in pancia. La gente incassa e reagisce attaccando a cantare:
«KICK BACK, WATCH IT CRUMBLE!…»
dalla prima sillaba e per tutta la serata il pubblico sarà il vero uomo in più della band.
Purtroppo terminato il primo pezzo, invece che cavalcare l’onda e sfruttare l’inerzia, Fat Mike da buon amante del coito interrotto decide di posare il basso, e fare il suo primo discorso.
Ci tiene a farci sapere che: «Questa sera sarà la migliore, anche meglio di quella volta che avete scopato con vostra madre. Si, perché quando siete nati avete strusciato il vostro pene sulla sua vagina». Non fa una piega. Poi però non scandalizzatevi se io dico che Fat Mike è feccia. Probabilmente lui apprezzerebbe pure a sentirselo dire.
L’incubo dell’ennesimo concerto-sermone inizia a farsi sempre più reale, ma a scacciarlo ci pensa la doppietta And Now for Something Completely Similar, e Take Two Placebos and Call Me Lame.
Due canzoni di fila, non male, lo stesso Fat Mike si stupisce del fatto che stanno suonando bene, ed è verissimo.
I ragazzi sono in forma smagliante. Smelly nonostante l’atteggiamento sornione tira dritto come un treno, Melvin fa il suo e di El Hefe si può dire di tutto ma è un manico incredibile. Fat Mike al basso sembra particolarmente centrato e a cantare è decisamente aiutato dal pubblico, che praticamente se lo porta in spalla per tutto il concerto.
Dopo una prima parte interamente dedicata a Pump up the Valuum, Fat Mike becca il riff di The idiots are Taking over, e questo penso sia il termometro reale di quanto sia siano preparati per questo tour (cercate dei video live di questo pezzo, sono tutti costellati di improperi di FM che non riesce a suonarlo).
Io intanto ho abbandonato da un pezzo i miei compagni di sventura, e senza troppa fatica sono riuscito ad arrivare davanti.
Il pogo è abbastanza ondivago, e senza quasi rendermene conto continuo ad avvicinarmi alla transenna per poi essere reinghiottito al centro della piazza. Sulle teste della gente passano un discreto numero di corpi, addirittura a un certo punto a fare crowd surfing è un tizio in sedia a rotelle. Verrà poi fatto sfilare sul palco a prendersi un applauso per poi essere spinto via in malo modo da Fat Mike prima di riprendere a suonare. Chissà come avrà fatto a passare il metal detector?
Il concerto prosegue abbastanza tirato, la sequenza più o meno è due pezzi di PUTV e due più recenti e ripetere…fino al colpo a sorpresa: attaccano Radio versione split coi Rancid, e mi sembra quasi di sentire qualcuno dire “mi raccomando ragazzi, questa balliamola bene!”, invano cerco lo sguardo complice di 27tommy (scusate l’inside joke che nessuno capisce ma non ho resistito, nostalgia dei concerti in Brianza).
Il ritmo rallentato potrebbe far pensare che sia il momento giusto per tirare il fiato, ma tutti la cantano letteralmente a squarciagola arrivando alla fine praticamente afoni, stupenda.
Dopo una fase interlocutoria e sinceramente superflua, a base di pezzi nuovi, i Nofx ci lasciano per andare a “pisciare” e riattaccano 10 minuti dopo con Franco un american. Io nel frattempo mi sono ricongiunto con il Piemme e il vigile Urbano, le loro facce mi dicono chiaramente che anche loro ormai aspettano solo una cosa, ma manca ancora un po’ e FM & Co in mezzo a vari pezzi non proprio indimenticabili piazzano altre due perle: Punk Guy, unico pezzo pre Pump Up the Valuum in scaletta, e Bottle to the ground: preludio perfetto al pezzo forte della serata, ottima canzone, non una della migliori del disco ma dal vivo una vera bomba.
Se fino a questo punto tutto sommato è stato un buon concerto adesso siamo alla resa dei conti, sono finiti i preliminari ed è realmente arrivato il momento che tutti stavano aspettando. So che è un’espressione retorica, abusata e anche poco fantasiosa, ma in questo caso molto semplicemente è vera.
Ogni singolo stronzo che ha pagato il biglietto per stare in quella piazza fatta di gesso e cartapesta era lì praticamente solo per sentire the Decline, e il momento è arrivato.
Smelly inizia a far vibrare il charleston ed è subito pelle d’oca, la piazza esplode, e capisci che sarà un macello. Poi entra il basso, che ti scuote le budella, e quando è il turno delle chitarre non ce c’è più per nessuno.
Plaza Mayor è leggermente in discesa e dalla mia posizione si vede perfettamente quello che succede davanti. In un primo momento si crea un immenso circle pit che sembra travolgere tutto il pubblico. Poi, quando Mike inizia a cantare quasi tutti si fermano, prendono posizione e iniziano a cantare anche loro, come se qualcuno gli avesse detto che quello era il loro compito. Per i 18 minuti seguenti continuerà l’alternanza tra il pogo più furioso nelle parti strumentali e l’immobilità di quelli che ormai non sono più gli spettatori di un concerto, ma veri e propri interpreti di un coro unanime, troppo impegnati a cantare per prendersi a spallate. Mai vista una roba simile a un concerto punk. Per intenderci, la potenza dei cori era tale da sovrastare completamente le parti di trombone di el Hefe, rendendolo praticamente inutile.
È stata una cavalcata interminabile, a ogni cambio di fase dicevo al Piemme «Questa è la mia parte preferita… anzi no, questa… no, questa è meglio ancora…» e tuttora non saprei dire qual’è la parte migliore, the Decline è la parte migliore.
Quando i Nofx hanno fatto uscire the Decline i loro fan si dividevano in quelli che dicevano “le canzoni punk devono essere corte” e quelli che l’avevano sentita. Non c’erano alternative. The Decline è il loro vero capolavoro, non il loro pezzo più famoso o più rappresentativo, ma senza dubbio alcuno il loro capolavoro. E lo sanno, infatti non la suonano spesso, non solo per una questione di complessità, ma perché è il loro gioiello e ne sono gelosi. Ad esempio a Linz per il rischio di una esecuzione non all’altezza, hanno deciso di non farla. Hanno suonato tutti gli altri pezzi con Fat Mike a mezzo servizio e Melvin tentando invano di metterci una pezza, ma The Decline no. Perché anche la band che ha per leader Cookie the Clown, un pagliaccio che si diverte a far bere piscia al suo pubblico, sa che The Decline è una cosa unica e non la si può sputtanare.
A Barcellona gli hanno indubbiamente reso onore, e l’ovazione che scatta quando purtroppo finiscono ne è la prova.
Soddisfatto e commosso Fat Mike ripete per l’ennesima volta che fare le prove è servito a qualcosa e che ce lo aveva detto che questa era la serata migliore. Io gli altri giorni non c’ero, ma non ne dubito.
C’è giusto il tempo per il finale di rito con Theme from a Nofx Album e il pubblico in visibilio la tira più in lungo di Melvin che a un certo punto per tagliarla gli attacca can’t help falling in love di Elvis. Intanto sul palco sono baci e abbracci.
In conclusione:
1 – I Nofx mi stanno sul cazzo:
Mettono in piedi un carrozzone enorme per spremere i loro fan per l’ultima volta. Gli va talmente bene che a Barcellona aggiungono una data non prevista, ma i Lagwagon li sfanculano, così il pomeriggio è decisamente non all’altezza di quello che sarebbe stata la serata.
2 – I Nofx mi stanno sul cazzo:
Sanno che Pump up The Valuum e The Decline non sono sufficienti a soddisfare la formula di 40 songs in 40 cities che da il titolo al tour, ma per completare la scaletta scelgono quasi esclusivamente brani recenti che “e sti cazzi?” assecondando la loro perversione per deludere il pubblico.
3 – I Nofx mi stanno sul cazzo:
Perchè ho dovuto aspettare 20 anni e non so quanti concerti per sentire The Decline dal vivo, e avere la conferma che i musicisti spaziali che registrano i loro album sono gli stessi fattoni sciatti che stanno sul palco.
4 – I Nofx mi stanno sul cazzo:
Perchè come sempre, ma con ragioni e emozioni diametralmente opposte alle precedenti, me ne sono tornato a casa pensando: “Questa è l’ultima volta”.
Hasta luego
El Chorizo