Do What You Want-la storia dei Bad Religion-Sabir Editore

Do What You Want-la storia dei Bad Religion-Sabir Editore

Non contento del putiferio scatenato dall’articolo di Imbalzano sul termine Ramonescore (per chi lo ha perso eccolo qui), che ha creato più polemiche del rigore Juliano-Ronaldo, inizio l’anno appoggiandola piano ed andando ad infilarmi in una questione più spinosa dei cactus di Willy il Coyote: libro dei Bad Religon o quello dei Nofx?

L’attesa creata dall’annuncio del primo vero libro sulla storia dei Bad Religion era sicuramente più alta di quella di ‘sto nuovo anno, di Natale e del vaccino mescolati assieme: dunque da assoluto profano e ignorante che non ha idea di come si faccia, mi piglio la patata bollentissima di provare a dire cosa ne penso (non la posso chiamare recensione perché non ho la capacità, l’attitudine e l’intelligenza per recensire un qualsiasi libro…)

E lo faccio tirando subito la bomba (tanto per perdere qualche amicizia e scatenare un po’ di rissa): è meglio il libro dei NOFX!!!

Si è vero: non si possono fare paragoni tra band diverse, autori diversi, stili completamente agli antipodi e scelte narrative quasi opposte, ma tant’è, l’ho detto e lo ripeto: meglio il libro di Fat Mike and company!

Dopo un inizio così mi tiro indietro e faccio finta di niente, come il classico tipo che butta il sasso e leva la mano e placidamente e con la nonchalance del più consumato dei giocatori di poker, torno al tema principale: il libro sui Bad Religion.

Devo ancora presentare una band con 40 anni di attività alle spalle, con 17 album, fondatori di un certo modo di fare musica e cultura, migliaia di concerti alle spalle, di un’etichetta che ha fatto la storia, vere e proprie pietre miliari del punk e del rock in generale?

…e checcazzo, credo che qualunque autore di fronte all’offerta di mettersi a scrivere un libro del genere si sarebbe sentito come un giocatore del Benevento che se la dovesse giocare col Real al Santiago Bernabeu…

Ma Jim Ruland, giornalista e scrittore coi controcazzi, non se la fa sotto e anzi se la gioca come meglio non si può con scelte stilistiche e letterarie azzeccatissime.

Per prima cosa intervalla la storia con continui commenti dei membri della band che diventano co-autori di quella che si presenta come una sorta di mega-intervista di 400 pagine, segue poi un ordine cronologico che si basa sugli album dei Bad Religion, per cui la storia non ha quei fastidiosi avanti e indietro di alcune biografie; sceglie infine di entrare nella filosofia della band usando e citando spesso i testi delle canzoni e affidandone la chiave di lettura a Greg e Brett, i principali autori.

In più aggiungiamo che l’ottima edizione italiana ha, oltre alla prefazione azzeccata di Andrea Rock, una sezione iniziale in cui 40 (come gli anni della band) fan riportano pensieri e racconti personali che hanno a che fare col gruppo: bella idea.

Insomma il lavoro è molto ben fatto e curato, godibile sia da fan incalliti che da semi-neofiti: il libro è un’opera attenta, precisa e completissima ma scritta in modo molto godibile.

Tra l’altro non si tralascia nulla: dagli inizi con il classico incontro a scuola e il ritrovo nello scantinato che i giovanissimi membri della band soprannominano “l’inferno”, alla creazione del cross-buster, logo e marchio che contribuirà a rendere i BR famosi in tutto il globo, alle situzioni più scottanti. Gli abusi di alcool e droghe, il ripudiato secondo album “into the Unknown”, i ripetuti cambi di formazione, la controversa e criticatissima scelta di firmare per una major, l’abbandono e il ritorno di Brett Gurewitz, i problemi famigliari …. Insomma nulla viene lasciato perdere.

In realtà un buco lo troviamo: l’abbandono di Greg Hetson rimane avvolto nel mistero e viene risolto in modo molto (troppo) asciutto con un “abbiamo provato a chiederglielo ma non ha voluto rispondere”…

Purtroppo c’è un però. A mio avviso il libro si prende troppo sul serio: è un libro di storia e non un libro di storie e personalmente ritengo questa una grossa pecca (so che moltissimi non la penseranno così ma io ho avuto questa impressione).

Ripeto: la vicenda è ricostruita in modo fantastico e pedissequo e una band del genere lo merita tutto… ma a me mancano i retroscena, gli aneddoti, i racconti delle minchiate fatte ai concerti, degli scherzi, degli amici, degli scazzi, delle altre band, dei tour…insomma mi mancano LE STORIE dei Bad Relgion.

E qui il paragone col libro dei NOFX che era la ricostruzione di una storia con delle storie, tante, variopinte, serie e stupide, a volte esagerate, al limite del mitologico ma che ti rimanevano impresse …

Dirò una bestialità ma a me interessa di più che cazzo ha fatto Jay Bentley coi suoi amici al bar di chi sia il produttore del 13esimo disco dei nostri…insomma avrei preferito un approccio più “cazzone” (anche perché di racconti i ragazzi ne avrebbero certo avuti a migliaia…).

Credo proprio che i “professori del punk” almeno per qualche capitolo avrebbero potuto tornare a scrivere  come studentelli liceali alle prime armi….ma forse la mia suona come la richiesta di rinnegare il modo di essere della band: i Bad Religion sono così, professori, nel bene (tanto) e nel male (pochissimo).

Lunga vita ai Bad Religion!

27tommy

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